di Giuseppe Silmo
Di questi tempi, in cui la Russia è tornata drammaticamente d’attualità, sto rivedendo un po’ quella che è stata la storia dei rapporti tra Olivetti e Russia, forse ne scriverò un libro. Nel lavoro di ricerca di documenti e scritti mi sono imbattuto nel PDF di Giuseppe Calogero, già A.D. della OCN (Olivetti Controllo Numerico) che ha avuto un ruolo molto importante nei rapporti della Olivetti con la Russia, pubblicato da Olivettiani.org il 9 novembre 2013. Il documento “OCN- un’avventura industriale”, è storicamente molto interessante, e sicuramente lo citerò, ma la mia attenzione al momento è stata catturata da un paragrafo a pag. 27, che si incrocia con i miei ricordi sulla Russia e a cui posso apportare un altro pezzo alla narrazione di Calogero. Il paragrafo si riferisce a un episodio il cui protagonista è Giorgio Scazzoli responsabile commerciale delle vendite OCN nei paesi al di là della “cortina di ferro”, Russia in primo luogo.
Ed ecco il brano: “Un giorno venne a trovarmi a Milano Giorgio Scazzoli. Mi disse che stava per andarsene con un male incurabile ed era venuto a salutarmi e a ringraziarmi per le belle cose che avevamo fatto insieme. Ne fui sinceramente commosso. Mi raccontò che a un certo punto i funzionari sovietici non avevano più voluto che andasse a Mosca a trattare con loro, lui non si capacitava del perché, e l’Olivetti non aveva voluto sostenerlo. Quando ci furono le Olimpiadi di Mosca riuscì a trovare un visto come turista, ma giunto a Mosca lo beccarono subito, lo portarono alla Lubianca (la sede del KGB) lo denudarono e lo chiusero in una cella al buio per due giorni e due notti. Dopo lo rivestirono, lo caricarono su un aereo e lo rispedirono in Italia senza dirgli nulla, se non che era meglio che non ci riprovasse.”
Leggendo questa pagina, un’immagine si è formata nella mia mente: quella dell’aeroporto di Šeremét’evo. Io c’ero a quell’arrivo a Mosca di Scazzoli. Non era però durante le Olimpiadi del 1980, ma subito dopo, tra la fine di maggio e l’inizio di giugno 1981. Quel giorno il responsabile del nostro Ufficio di Mosca, Franco Sartori, chiede a un mio collega e a me di accompagnarlo all’aeroporto per salutare Scazzoli che torna a Mosca dopo una lunga, forzata e sofferta assenza. Si è infatti creata maggior colleganza tra noi della Olivetti e i colleghi della OCN, perché ora, a differenza che negli anni passati, abbiamo gli uffici accanto nello stesso edificio dell’International Trading Center collegato all’Hotel International, in russo Mezhdunarodnaya. All’aeroporto troviamo anche la sua segretaria Galina con un grande mazzo di fiori. L’aeroporto è quello nuovo, fatto apposta per le Olimpiadi del 1980, costruito dai tedeschi in tutto è per tutto uguale a quello di Hannover. Dalla grande hall è possibile vedere i passeggeri superare il controllo dei passaporti e immettersi nella zona recupero bagagli per poi superare il controllo doganale, la visuale è a tutto campo. Così, con una certa emozione, vediamo Scazzoli superare il controllo passaporti e avviarsi verso il nastro trasportatore per prendere la valigia. Pensiamo che ce l’abbia fatta, ma, appena recuperata, Scazzoli viene affiancato da due militari, entrambi molto alti, soprattutto al suo confronto. Notiamo che hanno la fascia rossa intorno al berretto, Sartori, da lunga data a Mosca, deduce che sono del KGB. Viene preso da entrambi i lati sotto braccio e accompagnato a una porta laterale e così scompare alla nostra vista.
Solo ora a distanza di più di quarant’anni vengo a sapere di quei giorni orribili passati da Scazzoli alla Lubjanka, noi pensavamo lo avessero subito reimbarcato.