Il Raduno tradizionale degli olivettiani a Milano è certamente un momento significativo della nostra vita sociale, ma non è l’unica occasione di incontro fra vecchi colleghi. La grande famiglia è attiva e presente in tanti paesi europei e in altri continenti. Esistono incontri consolidati negli anni dei colleghi in Gran Bretagna e Spagna di cui siamo regolarmente informati, ma chissà quanti altri ritrovi, grandi e piccoli, hanno luogo senza che se ne sappia nulla. Vorremmo poterne sapere di più e invitiamo i nostri lettori ad inviarci le notizie di cui venissero a conoscenza. Qualcosa appare periodicamente sulle pagine Facebook del Gruppo chiuso “Olivetti … io c’ero” e questo ci sembra una buona cosa. L’articolo che segue, che ha ispirato l’amico Gianni al rientro da un “microincontro” fiorentino, ci sembra riassumere lo spirito dei molti incontri di cui nessuno ci ha parlato, ma che siamo sicuri hanno suscitato le stesse riflessioni. Buona lettura.


Un pranzo, il giardino in una giornata di sole, vecchi amici, i ricordi

Firenze è una città difficile da vivere perché c’è tanta gente, ci sono problemi di tutti i tipi, ma la bellezza che è in ogni suo angolo procura sempre una grande emozione e questo spiega anche perché chi vi abita è sempre un po’ sopra le righe. Capitava anche a me quando ci vivevo e mi capita tutte le volte che ci vado anche se solamente per una visita breve.

Qualche giorno fa ci sono andato con Mauro per incontrare vecchi amici e passare qualche ora insieme in un pranzo organizzato da Lucio nella sua bella casa. La giornata era piena di sole, le strade piene di gente allegra soprattutto di turisti che erano per ogni dove trascinando pesanti valigie su piccole ruote che facevano tutte insieme un rumore di fondo come se pallottole fischiassero di continuo sulle nostre teste.

La casa di Lucio è in un vecchio palazzo fiorentino affascinante, dentro rappresenta in modo chiaro l’umanità del padrone di casa e la sua voglia di amici e di stare con loro, perché ha una grande cucina, è piena di poltrone, ha una grande sala da pranzo e confluisce in uno splendido giardino pieno di verde, silenzioso. Un giardino che consente di pensare, di dialogare, di coltivare emozioni e sentimenti come un po’ tutti i giardini. Quello di Lucio è bello, luminoso ed ha un portico dove insieme ad altri amici ci siamo seduti per pranzare, soprattutto con la voglia di raccontarci, di riconoscerci, di rinnovare la nostra vecchia solidarietà umana. E di condividere il lavoro che avevamo fatto nella nostra vita nella stessa azienda, alla quale tutti siamo rimasti legati non solo per il lavoro che ci ha dato, ma per come ce lo ha dato, per le esperienze che ci ha consentito, per l’ambiente umano in cui sempre ci ha consentito di vivere ed operare.

Il pranzo e le ore trascorse sono volate tra un ricordo e l’altro, battute su persone che insieme avevamo frequentato e conosciuto, ricostruzione di atmosfere dell’epoca, del senso che allora davamo a quello che facevamo ed a quello che gli riconosciamo ora a distanza di anni e soprattutto perché siamo tutti fuori dalla mischia. Ad un certo punto si percepiva un’aria quasi magica, tutti eravamo felici di rivivere, di confrontarci, tutti dimenticavamo la vita di oggi e i suoi problemi per sentirci trasportati in un altro mondo passato che ricostruivamo tutti insieme anche un po’ miticamente.

È stato bello, l’intesa tra di noi era quella di sempre anche se non ci vedevamo da anni perché riconoscevamo in modo più o meno consapevole che avevamo valori comuni ai quali siamo tutti attaccati in modo forte perché sono stati quelli che hanno guidato la nostra vita. Abbiamo riso, raccontato barzellette, bevuto l’amarone che aveva portato Romolo che da diversi anni si è messo a fare l’enologo, mangiato il pesto di Lucio, gustato la vera pastiera che avevano portato gli amici napoletani e naturalmente non poteva mancare il castagnaccio a novembre a Firenze.

Ci siamo lasciati nel pomeriggio in una atmosfera allegra e ottimistica, con la speranza di rivederci presto e continuare a parlarci certi di avere ancora tante cose da dire e da raccontare. E mentre io e Mauro eravamo sul treno che ci riportava a casa avvertivamo che la magia dentro di noi andava sparendo lasciandoci tuttavia un senso di soddisfazione per avere fatto una cosa che ci era piaciuta, una cosa che ci aveva confortato, una cosa che ci aiutava a pensare che la nostra vita era stata piena di belle cose e che nel percorso avevamo praticato con impegno l’umanesimo.

La nostalgia fa parte della vita, equivale a possedere un quadro bello ed ogni tanto fermarsi ad apprezzarlo, a godere della sua bellezza. Perché le cose belle che viviamo nella nostra vita sono come i quadri più belli che amiamo, abbiamo bisogno di vederli, ammirarli e potere continuamente e concretamente sapere che ci sono e che non sono un sogno solamente. La nostalgia è ricordare sempre il piacere, la bellezza e nello stesso tempo coltivare la fiducia in se stessi e nella vita, la speranza.

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