di Gianni Di Quattro                                                    

Siamo tanti quelli che abbiamo lavorato alla Olivetti. Siamo tanti quelli che non solo ci hanno lavorato, ma la hanno capita, hanno capito il discorso di Adriano, la sua visione e magari hanno cercato di collocarla nel tempo e nella cultura dell’epoca. Lo dimostra il fatto che sino ad oggi se ne è parlato, ci sono stati dibattiti in merito, ci sono ancora associazioni che propongono iniziative sui tanti aspetti di quella visione, sui tanti fatti che allora sono sembrati strani, perché erano innovativi.

Devo tuttavia confessare che mi sembra che negli ultimi tempi il dibattito, la ricerca su quella esperienza, sul valore della Olivetti nel panorama industriale del paese e dell’epoca, sta scemando, si sta in qualche modo spegnendo. E forse, quel che è peggio, in qualche caso si sta travisando, si sta banalizzando. Perché?

Certamente il mondo è cambiato e non solo si allontana sempre più dal passato, ma spesso lo penalizza e colpevolizza come causa dei problemi economici, culturali, politici e sociali che oggi attraversano tutti i paesi anche se in maniera diversa. Non è casuale la crisi della democrazia in tante parti del mondo, lo sviluppo di autocrazie e di sistemi verticistici, la concentrazione economica e le differenze sociali, che vuol dire che il mondo non è stato capace di crescere in maniera uniforme e in tutte le sue componenti sociali e culturali. E la esperienza Olivetti, di Adriano Olivetti, comincia ad essere lontana nel tempo, oltre a rappresentare la testimonianza di quanta gente allora non avesse capito e avesse ostacolato l’iniziativa per fini personali.

E poi noi vecchi Olivetti che eravamo tanti, siamo sempre meno perché siamo diventati vecchi di età e distratti dal bisogno e dalla volontà di vivere, perché molti di noi non ci sono più e questo processo è inarrestabile. E questo è molto doloroso per tutti, la cosa più dolorosa. Perché, a parte l’aspetto umano, a parte l’amicizia che è esistita tra molti di noi, ci pare anche di assistere ad un processo di cui noi conosciamo i fatti, la verità, e conosciamo pure i colpevoli, ma che purtroppo sta andando in prescrizione.

Tutto questo fa parte della vita, del divenire, del processo di evoluzione della umanità. Possiamo dirci che chi rimane, finchè rimane, e soprattutto finchè può, cerchi di tenere viva una esperienza, che non è importante solo per ciascun di noi sul piano personale, ma che è un valore del paese e forse non solo di questo paese.

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