di Gianni Di Quattro
Sono stato, come quasi sempre, al raduno degli olivettiani poche settimane fa ed è stato ancora una volta un grande piacere incontrare, rivedere amici, compagni di lavoro, insomma persone con le quali si sono condivisi pezzi di vita, con le quali si è condiviso tanto e con le quali ci sono state tante cose in comune, tante speranze.
Ma devo confessare che è sempre più difficile, che il piacere di “sentire” quasi per magia l’ambiente Olivetti è contrapposto dalla constatazione che tanti di noi non ci sono più, tanti non possono più partecipare, tanti non riescono a superare la fatica per esserci. È la vita, è il tempo che scorre, siamo tutti grandi e quelli che ancora ci siamo cominciamo ad avere una età abbastanza ragguardevole.
È comunque una occasione per ricordare, per ripensare, in qualche modo per sentire scorrere dentro di noi il brivido della giovinezza, dell’impegno, per ricreare momenti psicologici vissuti, emozioni che sembravano dimenticate.
Poi ci salutiamo tutti con un velo di tristezza, ci diciamo di sentirci, di continuare a scambiarci notizie, ci ripromettiamo con un sospiro e alzando gli occhi al cielo di rivederci l’anno prossimo.
Parliamo poco della Olivetti come valore e di cosa ha rappresentato l’azienda nel panorama industriale del nostro paese e non solo, commentiamo poco come di questi tempi sono tornati di moda tanti aspetti peculiari della nostra azienda, quegli aspetti che noi abbiamo capito sin dall’inizio e che ci hanno sempre fatto capire di vivere una esperienza diversa, in un mondo che ci ha arricchito non solo professionalmente, ma anche culturalmente e umanamente, che ci ha lasciato in eredità l’amore per la bellezza, il valore del coraggio per essere quelli che si è e non solo quelli che si deve essere.
Parliamo di noi, degli episodi vissuti insieme, di come sta scorrendo la nostra vita, di come pensiamo di continuare a viverla. Per questo è vero che ci lasciamo con un velo di tristezza, ma anche con il cuore gonfio di emozioni, di emozioni di altri tempi e cui penso che non si possa rinunciare a cuor leggero.
Grazie per il bel messaggio Gianni, anche quest’anno ero via. Spero di esserci l’anno prossimo.
Grazie per il bell’articolo e per la costanza nel mantenere viva la “fiamma” intellettuale della tradizione Olivetti. Scrivo da Amsterdam, non esattamente dietro l’angolo, purtroppo non sono ancora riuscito a raggiungervi in una delle vostre riunioni, impegni professionali, priorità familiari, ma col tempo che scorre anche per me, so che un giorno ci sarò.
Una generazione diversa la mia, solo 14 gli anni in Olivetti, ma nonostante le difficoltà delle troppe forze esterne che si sono accanite a metà degli anni 90 nella gestione di un patrimonio intellettuale e industriale di valore, ricordo come esemplare tutto ciò che ho vissuto. Conservo memorie bellissime, l’insegnamento di Dirigenti d’eccellenza, che ancora rappresentano fondamento nell’attualità del mio impegno professionale.
Olivetti mi ha insegnato come il valore del prodotto non si risolva in un equazione puramente tecnologica, bensì legata da un insieme di fattori evolutivi, di cui solo una parte tangibili, mentre l’intangibilità permea la continua relazione tra visione e funzione. Ed il fattore umano ne è il principio motore.
Oltre due decenni da quando ho lasciato Olivetti, ma ogni volta che racconto dell’azienda, dei principi che l’avevano creata, noto negli interlocutori l’evidente attenzione alla narrazione di come un gruppo di visionari, nell’Italia del dopoguerra, avessero trasformato l’Utopia in una realtà tecnologica avanzata.
Una realtà solo in parte ascritta alla storia, che rimane ancor oggi attuale anche grazie all’impegno di voi/noi membri di Olivettiani, dedicato anche alle generazioni future.
E nel mio piccolo, fiero di aggiungere energia e riconoscimento alla generosità di chi mantiene viva la memoria di un sogno che ancora ci unisce.
Grazie per quanto avete già offerto, per quanto offrite e continueremo ad offrire. L.
Grazie Gianni.
Grazie perché riesci sempre ad esprimere quello che tutti noi pensiamo e che ci tiene uniti malgrado le distanze sempre più grandi. Un affettuoso saluto. Mario
‘Parliamo poco della Olivetti come valore e di cosa ha rappresentato nel panorama
industriale del nostro Paese’
Caro Gianni , le tue parole si leggono sempre con interesse perchè fanno pensare e sollecitano una risposta. E’ vero quello che dici, quando si ha la possibilità di parlare del valore della Olivetti con diverse tipologie di interlocutori: ambienti universitari (studenti e docenti) , pubblica amministrazione (assessorati alla cultura) o imprese (titolari o dirigenti) , si nota con una certa
emozione che le esperienze che abbiano vissuto destano sorpresa, interesse e la volontà di approfondire.
Bisogna anche dire che, sul piano pratico , si tratta di scambi che impegnano tempo e organizzazione . Aggiungo che gli interlocutori hanno età molto diverse dalle nostre e gli articoli sulla Olivetti, che quasi ogni settimana è presente sui giornali, convivono con una vasta gamma di urgenze che affollano la vita di questi interlocutori. In ogni caso esistono ricerche, filmati e atti di convegni che insieme alle iniziative della Fondazione Olivetti e dell’Archivio storico Olivetti,
sollecitano ad imparare cose nuove. Questo che segue è un esempio di libri che funzionano da stimolo sia per stabilire contatti con nuovi ambienti, che per integrare le nostre conoscenze :
Giuliana Gemelli, Il regno di Proteo. Ingegneria e scienze umane nel percorso di Adriano Olivetti,
Bononia University Press 2014; Adriano Olivetti (presentazione di G.Zagrebelsky) Le fabbriche di bene, Comunità 2014; Mario Piccinini, Comunità, Architettura, Urbanistica, Stile ai tempi di Adriano Olivetti (1933-1960) , INU Istituto Nazionale di Urbanistica 2021; Caterina Toschi, L’idioma Olivetti 1952-1979, Quodlibet 2018; Davide Fornari , Davide Turrrini (a cura di ) Identità Olivetti. Spazi e linguaggi 1933-1981, Triest 2022; Giuseppe Silmo, Adriano e il territorio. Dai
Centri Comunitari all’I-RUR Plug-in 2022. Infine, quando accenni alla difficoltà crescente di incontrarci di persona , la risposta è strettamente legata all’età che aumenta, ma quando la distanza è quasi nulla, mi riferisco alle città che abitiamo (e che sono spesso sedi universitarie), il problema cambia , perchè se si ha voglia di parlare, si tratta di avviare contatti con imprenditori, dirigenti,
associazioni, docenti ecc. Contatti che non possono essere che personali e diretti. Parlare in incontri pubblici di Olivetti in Università o in Associazioni professionali, insieme ad un piccolo gruppo di colleghi a nuovi interlocutori (che diventano rapidamente amici ), è una formula che permette di ravvivare e rinnovare il dialogo. Le occasioni sono sempre possibili, anche perchè, come scriveva,
Gustavo Zagrebelsky ‘Oggi, a distanza di più di mezzo secolo dalla scomparsa, Adriano Olivetti, la sua ricca, complessa e plurivalente figura umana, la sua proposta civile e politica, la sua azione culturale e imprenditoriale sono oggetto di riscoperta.’
Galileo Dallolio 28.10.2022 Olivettiana.it
Quanto dici sulla nostra fiammella che si fa più fioca, Gianni, è pienamente condivisibile. Ma si fa più fioca per motivi oggettivi, non per calo di passione.
E finché riusciremo a organizzare i nostri incontri, anche in numero ridotto, sarà sempre una gran bella cosa.
Io per esempio quest’anno per la prima volta ero assente per motivi famigliari, peraltro lieti. Nella statistica ci può stare.
Quanto ai suggerimenti di Galileo, vale la pena di rifletterci su.