di Ugo Panerai
Alcuni giorni fa qualche quotidiano e la stampa specializzata hanno dato notizia della scomparsa di Pinin Brambilla Barcilon, la mai dimenticata conduttrice del restauro del Cenacolo di Leonardo a Santa Maria delle Grazie a Milano, oltre che di molti altri restauri di opere universalmente note.
Giusto rilievo è stato dato alla figura del personaggio, anche a causa della complessità dell’opera, ritenuta da molti praticamente non restaurabile.
Ma non è stata spesa purtroppo nella stampa, per quanto mi risulta, neanche una parola per Olivetti, almeno per citarla in un inciso. Eppure la “nostra” azienda, come suo costume, non era stata solo la finanziatrice, assai generosa, del costoso progetto, ma anche l’organizzatrice, la coordinatrice, l’anima. Quella che, attraverso Renzo Zorzi e il suo staff, si era anche prodigata per coordinare le varie attività e tenere i collegamenti fra i vari enti interessati, curare pubblicazioni scientifiche e molto altro.
E’ stato un po’ il canto del cigno delle nostre attività culturali (il restauro si concluse nel 1999); ma, per conservare l’immagine, un canto melodioso.
Il tratto caratteristico delle attività culturali Olivetti era appunto questo: non limitarsi a dare quattrini per avere un ritorno di immagine, ma ottenere questo ritorno anche attraverso un’azione più articolata, con molti capitoli. E quando si trattava di mostre, in molti casi si trattava di eventi ideati e proposti dalla stessa Olivetti.
Alto era anche il valore di promozione commerciale. Le mostre in particolare erano occasioni più uniche che rare, nei vari Paesi in cui erano organizzate, per un rafforzamento di rapporti coi clienti esistenti e per un accostamento ai prospect.
Sulla originalità delle mostre promosse da Olivetti e sulla peculiarità del supporto dato dalla stessa Olivetti vorrei ricordare tre episodi, dei quali oggi però mi sfuggono i dati storici e anche i dettagli che li renderebbero più documentati e credibili. Ma spero che mi crederete sulla parola, avendoli vissuti.
- In occasione di una delle mostre internazionali il trasferimento di certe opere, da un prestigioso museo che le custodiva, a questa mostra, tenuta in una qualche altra sede altrettanto prestigiosa, fu possibile solo grazie all’intervento di Olivetti, che fu assunta a garanzia, in aggiunta, beninteso, alla cospicua copertura assicurativa solitamente associata a queste operazioni
- Un’altra mostra, mi pare quella dei Vetri dei Cesari, furono realizzate dai tecnici Olivetti e col design di Mario Bellini, delle particolari teche per ospitare in tutta sicurezza le opere più preziose. Una soluzione che fece scuola.
- La mostra su Leon Battista Alberti (1994, qui i dati me li ricordo) fu l’occasione per sciorinare tutta la tecnologia e il know-how Olivetti dei nascenti sistemi multimediali per far apprezzare al pubblico la ricostruzione computerizzata dei progetti e delle costruzioni del grande architetto
Specialmente negli Anni 90, poi, ci furono altri eventi su un filone che definirei piuttosto di cultura tecnologica, tra i quali mi piace ricordare:
- Olivetti Progetti, un’iniziativa di cui si sviluppò purtroppo solo una prima puntata (i tempi cominciavano a farsi duri…), che tendeva a dare, con la pubblicazione e presentazione di studi, il punto di vista Olivetti su alcuni temi all’incrocio fra tecnologia e vita sociale ed economica. Il primo, e appunto unico, fu dedicato alla banca e alle nuove frontiere che nella progettazione della banca del futuro venivano dall’ICT
- Olivetti Philips workshop sull’ufficio del futuro, una mostra in collaborazione con la grande multinazionale e col designer Michele de Lucchi, in cui furono raccolti spunti, studi, visioni su applicazioni, immaginabili ma ancora da realizzare, della tecnologia.
Parole quanto mai necessarie per rimarcare la funzione della Olivetti e in particolare di Renzo Zorzi e del suo staff, nella progettazione e realizzazione di interventi come questo. In un memorabile incontro al Cisv, Zorzi raccontò come il restauro del Cristo di Cimabue, gravemente danneggiato dall’alluvione del 1966, permise oltre al salvataggio parziale del capolavoro, la realizzazione di una mostra in Germania. In un momento drammatico per il Paese, l’organizzazione dell’evento, la presenza del presidente Pertini, l’intensità dell’opera restaurata, fecero vedere sia alla business community che all’opinione pubblica, un’Italia ben diversa da quella che che traspariva da certe campagne di stampa tedesche.
g.d.
Hai ragione. Certo, erano gli anni di poco seguenti la tristemente leggendaria copertina del Der Spiegel nel 1977 con la pistola sopra un piatto di spaghetti fumanti!
Siate gentili perche mio italiano e’ brutto.
Ho cinque nipoti; tre maschili e due feminili nate in 1997 (sono cusini).
Le portai a Parigi in 2011 e furono talmente conmosse della Gioconda a Louvre e mi chiese di dover portarle a Milano per godere il Cenacolo.
Lo realizzai in 2014. Una delle due fu commossa e non pote’ uscire dalla camera fin che la guardia la caccio’ via. Lei fu commossa e aveva lacrime negli occhi.
Ero molto fiero che la ditta per cui lavorai per venti anni realizzo’ la restaurazione.
Ishihara-san, il tuo italiano si capisce benissimo. Grazie di continuare a seguirci da così lontano e dopo quasi quaranta anni! (per chi non lo avesse incontrato ad Ivrea o Tokio, Kenichi è stato fondamentale nell’introduzione dei TC380, TC800, CBS120 e delle invalidatrici MICR in Giappone).
Dear Kenichi, come dice il nostro collega Mauro, il tuo italiano è assolutamente comprensibile.
E in ogni caso l’orgoglio e la commozione che traspaiono dalle tue parole oltrepassano ogni confine.
Ci hai fatto sentire parte della gande famiglia Olivetti diffusa un tempo in tutto il mondo.