di Gianni Di Quattro
Quando inizia una impresa a decadere, quando inizia la sua agonia? Le cause, evidentemente, sono varie e sono diverse da azienda ad azienda. Facilmente si trovano citate spesso alcune cause come una gestione disattenta, le speculazioni, la non competitività dei prodotti, del personale, le spese eccessive, politiche non adeguate, la concorrenza e magari un crollo del mercato, qualsiasi altra causa esogena che modifica in modo forte l’attività di una impresa e le impedisce di riprendersi.
Personalmente non ho l’esperienza e la professionalità per esprimere giudizi definitivi o meno, anche se durante tutto il mio percorso di lavoro e di impegno attivo ho assistito a varie situazioni, ho parlato con tante persone che si sono trovate dentro qualcuna di queste agonie, ho avuto sempre la curiosità di cercare di capire comportamenti e situazioni delle imprese sul mercato, dei loro successi ma anche delle loro sconfitte.
E poi, lasciatemelo dire, ho vissuto alla Olivetti, una azienda diventata grande, bella, unica e che alla morte del suo patron, Adriano Olivetti, ha cominciato a decadere sino alla sua cessione a Carlo De Benedetti per dopo lentamente avviarsi alla chiusura totale.
Per la verità, appena cominciata la nuova gestione di Carlo De Benedetti sembrò a tanti che l’azienda si fosse ripresa in modo quasi miracoloso per subito dopo invece iniziare, in modo che a me almeno e forse non solo a me, sembrò palese il percorso sempre più accelerato verso la sua fine.
Ma se non ho l’esperienza per individuare senza alcun dubbio i motivi del fallimento Olivetti, anche se credo di avere alcune idee in proposito, e che è un argomento che ancora appassiona tanti e su cui si continua a scrivere tutto e il contrario di tutto, mi pare di potere dire la mia su quale può essere un termometro dello stato di salute di una impresa dopo tante osservazioni, quindi di come anche in Olivetti, secondo la mia opinione, si poteva e doveva capire la sua fine.
Secondo la mia opinione la decadenza di una impresa inizia quando decade la fantasia, quando l’impresa inizia un percorso grigio sotto tanti aspetti. Dal punto di vista organizzativo in cui si cerca di copiare standard di concorrenti senza alcuna personalità e senza coraggio, quando la struttura è sempre di più integrata da personale esterno e non si ritiene di avere più personale interno degno sul piano professionale. E anche quando i prodotti sono sempre più revisioni dei vecchi e poco innovativi, poco diversi, quando la comunicazione diventa antica, quando le occasioni di incontro con il mercato sono abolite, quando la tristezza è sempre più visibile sul volto di colleghi, infine quando il management si capisce che cerca senza trovare, forse senza sapere cosa cercare.
Una impresa senza fantasia non esiste e una che perde la fantasia è destinata al fallimento. Esattamente come per qualsiasi essere umano, perché la fantasia vuol dire intelligenza, curiosità, voglia di fare, cercare sempre di capire e di risolvere, coraggio.
L’addebito all’ing. Carlo De Benedetti dei motivi della cessazione della Olivetti è fuorviante perchè l’articolo non analizza a 360° tutte le cause del declino della Società.
E’ indubbio che la Olivetti dal 1978 , data d’ingresso di CDB, al 1988 , ebbe una crescita e rinascita da una situazione iniziale pre fallimentare tant’è che il valore delle azioni balzò in 10 anni da 1000 lire nominali a circa 8 mila lire per ogni azione.
Negli anni ’80 lo sviluppo del PC della Microsoft e dell’ Apple di Jobs era agli inizi e le aziende come la Olivetti non ancora accusavano il colpo dello sviluppo tumultuoso che il settore avrebbe avuto nel decennio successivo soprattutto per l’avvento di internet perchè i prodotti venivano costruiti da migliaia di nuovi competitor assemblando componenti a basso costo mentra l’Olivetti era legata all’ormai obsoleta struttura costruttiva difficile da smantellare in tempi rapidi.
CDB ci vide bene quando negli anni ’90 , proprio per quanti su descritto , creò le basi per diversificare la Olivetti con la creazione di un nuovo business come la telefonia fissa e mobile attraverso la nascita di Infostrada ed Omnitel .
Nel frattempo in anni ’90 l’entrata in campo politico di nuovo soggetto come Silvio Berlusconi provocò seri problemi a CDB e per vendetta trasversale alla Olivetti in quanto l’Ingegnere s’era scontrato duramente con il magnate delle televisioni per l’acquisizione di settori dell’editoria ( Mondadori) e alimentari (SME) .
Ricordo gli articoli dei giornali della scuderia berlusconiana che denigravano l’Azienda e i programmi TV del conduttore Liguori che intervistava le “gole profonde” della Olivetti all’insegna di una continua messa in cattiva luce.
Indubbiamente gli interessi di CDB in ambiti diversi dalla Olivetti è stato un neo nella gestione aziendale che lo ha distolto ma la guerra spietata che Berlusconi fece alla Olivetti non è stata affatto edificante soprattutto se ricordiamo i processi in sede civile e la corruzione giudiziaria condotta ai danni di CDB che poi in seguito , molti anni dopo , è stata ufficialmente riconosciuta con la condanna di Berlusconi in sede civile a risarcire l’Ingegnere con la somma di ben 500 milioni di euro.
I problemi della Olivetti iniziarono ufficialmente nel 1996 proprio con l’estromissione di CDB , poi con la cessione della Divisione Commerciale Italia alla Olivetti Solutions e succccessivamente a Wang Global, poi Getronics ed infine con la finta cessione ad Agile con in contemporanea lo spacchettamento di Olivetti computer con i rispettivi amministratori delegati con il compito sottinteso di procedere alla liquidazione dell’Azienda , culminata con la truffa della fusione con Telecom in cui il compratore acquistò un ‘azienda con i capitali del venditore .
Nel frattempo i “Coraggiosi Capitani d’Industria” con capo fila il rag. Colaninno avevano già fatto man bassa di Omnitel ( a Mannesman ) e Infostrada ( Enel) intascando migliaia di miliardi di lire che non furono reinvestiti in Olivetti.
Diciamocela tutta !
Questa volta dissento, o se vogliamo sono in gran parte in disaccordo, con il caro Gianni.
Condivido in buona parte la risposta di Martocchia, anche se il modo con cui liquida l’OPA su Telecom Italia e il susseguente disfacimento, a grandi linee corretto, è però un po’ frettoloso.
Tuttavia Martocchia non affronta direttamente il tema proposto da Gianni.
Al riguardo io sostengo che Olivetti ha avuto invece un ultimo grande sussulto di creatività proprio negli anni della creazione di Omnitel e in parte anche di Infostrada.
In quegli anni è come se gli olivettiani si fossero detti: bene, entriamo nella telefonia! Ma come si fa? Mah! Ne sappiamo qualcosa? Mah! Ma noi siamo olivettiani, studieremo, impareremo e le idee ci verranno, dài coraggio ragazzi, che ce la faremo.
La velocità di ideazione e di esecuzione, la creazione di valore, il successo sono stati esemplari.
Dopo, appunto, le cose sono andate come sono andate. Ma la fantasia non era del tutto estinta.
Un grazie ad Ugo Panerai per aver a grandi linee condiviso le mie considerazioni ed accetto volentieri l’appunto sul troppo sommario resoconto della finta OPA di Olivetti su Teleconm che di fatto ha sancito la definitiva uscita di scena della Società.
Sull’argomento Olivetti /Telecom potrei soffermarni in sede diversa che qui non ho voluto approfondire per non rendere chilometrica la mia risposta.