Un altro importante protagonista della storia olivettiana, Ottorino Beltrami, ci ha lasciati. Era nato a Pisa il 13 agosto 1917 ed è morto a Milano il 17 agosto.
Ufficiale della Marina Militare, partecipa alla seconda guerra mondiale, inizialmente imbarcato su diverse cacciatorpediniere e, in seguito, sui sommergibili: il Toti, l’Ametista e in ultimo l’Acciaio, che comanderà. Ferito in un bombardamento perde una gamba. Si congeda nel 1949 con il grado di ammiraglio, quando viene assunto da Adriano Olivetti.
Olivetti inizialmente lo distacca a Roma, proponendogli di seguire la ricostruzione dei porti per il piano Marshall. Quindi entra in Olivetti Bull, la società costituita da Adriano Olivetti per commercializzare in Italia le macchine a schede perforate prodotte dalla Bull. Nel 1955 diviene direttore generale della società.
Nel 1962 viene costituita la Divisione Elettronica, in cui confluisce anche l’Olivetti Bull, e Beltrami ne viene nominato direttore generale. Mantiene questa carica anche dopo l’ingresso degli americani della General Electric nel 1964 che porta alla costituzione dell’Olivetti General Electric (OGE) e anche in seguito all’uscita dell’Olivetti nel 1968.
Quando nel 1970 la General Electric cede la società, diventata General Electric Information System Italia, alla Honeywell, entra in Finmeccanica come direttore generale, ma nel settembre 1971 torna in Olivetti come amministratore delegato fino al 1978.
La sua gestione ha fatto compiere all’Azienda la grande riconversione dalla meccanica all’elettronica. Quando l’Olivetti, sotto la sua guida, affronta il passaggio epocale, lo fa: rimanendo se stessa, conservando la propria identità, non mettendo in discussione il suo radicamento al territorio, mantenendo le allocazioni produttive, ma riconvertendo gli impianti, mantenendo le sue maestranze, non facendo licenziamenti, avviando invece una gigantesca opera di formazione del personale, che viene abilitato alle nuove tecnologie.
Questa fedeltà ai principi fondativi dell’Azienda ha però costi altissimi e nel 1978 Beltrami deve passare la mano, lasciando al suo successore, con i mezzi finanziari necessari, un patrimonio di progetti che ha permesso dieci anni di grande sviluppo.
Non ci resta che ringraziarlo e ricordarlo per quanto ha fatto.
Giuseppe Silmo
In una Milano semideserta a causa delle ferie estive, nonostante il passaparola iniziato subito dopo il primo annuncio, eravamo in pochi quel pomeriggio di martedì 20 agosto nella Chiesa Evangelica Metodista di Via Porro Lambertenghi per portare l’ultimo saluto al “comandante” Beltrami.
C’erano comunque alcuni veterani della Olivetti Bull, della Divisione Elettronica, della Olivetti General Electric e della “grande” Olivetti, rappresentanti dei tanti colleghi che, siamo sicuri, avrebbero voluto essere lì con noi.
Affidiamo al breve ricordo di Giuseppe Silmo, che comparirà anche sul periodico delle Spille d’Oro, il compito di ricordare “il comandante”, come tanti amano definire l’uomo che hanno conosciuto e stimato nei periodi felici o difficili della loro vita lavorativa. (per il libro vedi)
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Sapendolo lontano e preso da altre incombenze, ho informato l’amico Carlo Ferravante della triste notizia. Questo è il messaggio di risposta, ricevuto nella notte fra il 19 e il 20 agosto, che pubblico con l’assenso dell’autore perché rivela il lato umano di Beltrami e di molti olivettiani che lo hanno conosciuto, come Carlo.
mb
Caro Mauro,
ti ringrazio di avermi reso partecipe della triste notizia che apprendo solo ora dalla tua mail. Ho passato l’intera giornata sul trattore ad arare. Il giornale lo leggo la sera a letto prima di addormentarmi.
Mi dispiace moltissimo perché in questi ultimi 12 anni di sua frequentazione natalizia ho avuto modo di conoscerlo ed apprezzarlo nel suo lato più umano quando era ormai fuori da ogni posizione di potere.
Mi sono laureato a Firenze in Scienze Politiche con 110 e lode. Mi ero iscritto nel ’68 ed ho vissuto con partecipazione il fermento di quegli anni. Durante i miei studi mi sono appassionato al modello di relazioni industriali e rapporti con il territorio creato da Camillo ed Adriano nel Canavese. L’Olivetti mi è parsa l’unica azienda nella quale mi sarei potuto sentire a mio agio e crescere professionalmente in armonia con i miei valori.
E’ stata l’unica azienda alla quale ho inviato il mio curriculum dopo la laurea e durante un corso post laurea in economia (oggi si chiamano master). Pressato da mio padre, preoccupato per il mio futuro, ho commesso l’errore di dirgli che avevo fatto domanda di assunzione in Olivetti. Non sapevo che mio padre, uscito dalla Marina subito dopo la guerra, era stato compagno di corso di Beltrami in Accademia Navale e che si conoscevano.
Ebbene lui, e me l’ha detto solo molto dopo, gli ha telefonato. L’Olivetti mi ha offerto prima uno stage e poi l’assunzione. Io avevo di mio un buon curriculum da neo laureato, compreso un anno con borsa di studio negli Stati Uniti ed altre esperienze internazionali, e non ho mai potuto capacitarmi se la mia assunzione la dovessi alla telefonata di mio padre o al mio curriculum ed agli esiti dei colloqui di assunzione.
Quando sono entrato, Beltrami era troppo in alto per me e non l’ho mai incontrato. Lasciata l’Olivetti dopo 15 anni e la successiva esperienza professionale a Milano, nel 2001 ho comprato un’azienda agricola in Abruzzo e produco, tra l’altro, un olio di oliva di alta qualità. Al primo raccolto mi è venuta l’idea di andarlo a trovare a Natale e di fargli omaggio di tre bottiglie del mio olio. Ormai lui era fuori da ogni posizione di potere ed io fuori dal mondo aziendale e così mi è sembrato il momento giusto per fare la sua conoscenza, senza alcun secondo fine.
Mi sono presentato come ex dipendente Olivetti e mi ha accolto con grande cortesia nella sua bella casa di Piazzetta Duse. Da allora non ho mancato un Natale e nei prossimi mi mancheranno le ore passate con lui a raccontarmi con incredibile lucidità e memoria innumerevoli episodi della sua vita in guerra, alla Divisione Elettronica, in Olivetti ed oltre. Qualche volta abbiamo telefonato assieme a mio padre ed hanno rievocato i loro anni in Accademia. Quando mio padre è mancato mi è stato vicino.
Ho sempre avuto l’impressione che attendesse con piacere le mie disinteressate visite natalizie e, perché no, anche le mie tre bottiglie di olio che lui e la moglie gradivano assai.
Non gli ho mai chiesto se la mia assunzione la dovevo a lui o a me. Acqua passata. E del tutto ininfluente al mio affetto cresciuto per lui in tutti questi ultimi anni di nostra frequentazione natalizia.
Mi mancherà moltissimo.
Un abbraccio.
Carlo