di Giuseppe Silmo
In tutte le manifestazioni e convegni su Adriano Olivetti o sulla sua “fabbrica” c’è un argomento che non viene mai trattato: Il Consiglio di Gestione. Eppure questo organismo è un pezzo importante della storia dell’Azienda, inoltre nel contesto delle idee comunitarie di Adriano Olivetti il Consiglio di Gestione ricopre un ruolo importante sia per i rapporti all’interno della “comunità” di “fabbrica” sia per i rapporti con la “comunità” del “territorio” operando prevalentemente nella gestione dei servizi sociali che coinvolgono direttamente i parenti di chi lavora in azienda e per certi aspetti l’intero territorio, come avviene di fatto, ad esempio, per i servizi culturali, ma anche per l’assistenza alla creazione di asili nei comuni limitrofi e l’opera delle assistenti sociali.
Uno straordinario strumento di democrazia interna, rimasto, dopo i primi anni del dopoguerra, unico nel panorama industriale italiano.
il Consiglio di Gestione è istituito Il 22 marzo 1948. Così ne dà l’annuncio la «Rivista Olivetti»:
“Dopo un attento studio effettuato da una Commissione paritetica nominata tra le varie correnti sindacali, dopo trattative svolte con piena comprensione fra la Direzione e la Commissione stessa, ed in seguito ad elezioni indette ed effettuate in modo esemplarmente democratico è nato alla I.C.O. il Consiglio di Gestione, vivamente atteso dalle maestranze e parimenti auspicato dal Consiglio di Amministrazione della Società”.
Nel comunicato segue poi una frase che dà il senso del clima in cui è maturato il Consiglio di Gestione:
“All’Olivetti non si è voluta una parvenza di Consiglio d’Azienda, ma si è invece capito che un C.d.G., per diventare un organo realmente vivo ed efficace, non deve essere imposto ma deve essere da tutti concordemente accettato; non deve essere isolato ma assistito, sostenuto e seguito da tutti i dipendenti di ogni categoria e dirigenti responsabili. L’esistenza medesima del C.d.G. è giustificata solamente dalla cosciente collaborazione delle maestranze”.
Una frase ulteriore ci dice non solo livello di profonda collaborazione tra le varie componenti aziendali, ma anche la consapevolezza che questa collaborazione, questo sentirsi squadra è la ragione del successo:
La collaborazione delle maestranze dell’Olivetti ha dato e dà prodotti ormai affermati e conosciuti in ogni paese ed il C.d.G non è altro che il riconoscimento di tale collaborazione”.
Il Consiglio, presieduto dal Presidente della Società è composto di consiglieri in parte nominati dall’Azienda e in parte dai dipendenti, ha poteri consultivi di ordine generale e stabilisce la ripartizione dei finanziamenti destinati ai Servizi Sociali.
Le parole più chiare sul significato del Consiglio di Gestione le ha dette Cornelia Lombardo alla sua intervistatrice Roberta Garruccio per il libro Uomini e lavoro alla Olivetti.
«Adriano Olivetti, – dice Lombardo, – era il Presidente del Consiglio di Gestione, nel quale c’erano sia i rappresentanti dell’Azienda sia quelli dei lavoratori, e insieme c’era anche il presidente dell’Azienda. È stato lui a mantenere vivo il Consiglio di Gestione, che altrove scomparve, proprio perché apprezzava questo spirito di maggior solidarietà negli interventi: così il dipendente sapeva di poter accedere liberamente a un proprio diritto, a cui dava un contributo come lavoratore. Questa, fu secondo me, una delle maggiori innovazioni che l’ingegner Adriano portò nel campo dei servizi sociali. Il Consiglio di Gestione aveva potere sul fondo dei Servizi Sociali, deliberava la ripartizione dei vari fondi e controllava ogni intervento: insomma, per noi che operavamo a contatto, il Consiglio Di Gestione rappresentava la voce dei lavoratori e insieme dell’azienda».
Parole che trovano la loro conferma più piena nella Dichiarazione del Consiglio di Gestione sui Servizi Sociali del 1948, poi ripresa nella Dichiarazione introduttiva della Carta dei Servizi Sociali del 1951:
“Il Servizio Sociale Olivetti ha una funzione di solidarietà. Ogni Lavoratore dell’Azienda contribuisce con il proprio lavoro alla vita dell’Azienda medesima e quindi a quella degli organismi istituiti nel suo seno e potrà pertanto accedere all’istituto assistenziale e richiedere i relativi benefici senza che questi possano assumere l’aspetto di una concessione a carattere personale nei suoi riguardi.
Mentre uguale è il diritto potenziale per tutti i Lavoratori all’accesso ai benefici del Servizio Sociale, il godimento effettivo dei benefici medesimi si determina in rapporto alle particolari condizioni ed esigenze constatate secondo criteri il più possibile obiettivi e che dovranno tendere ad essere progressivamente sempre meglio regolamentati in anticipo”.
Nello Statuto rinnovato del Consiglio di Gestione dei primi mesi del 1960 si legge nella premessa:
Quest’organismo ha il compito di rendere i lavoratori coscientemente partecipi all’indirizzo generale dell’Azienda e di consentire agli stessi di contribuire al suo sviluppo tecnico ed organizzativo e a quello delle condizioni morali e materiali delle persone che vi partecipano”.
Nella pubblicazione Servizi e Assistenza Sociale di Fabbrica è scritto: “Mediante la configurazione ‘istituzionale’ degli organismi assistenziali ed il controllo esercitato dai lavoratori su tutta la loro attività, si è eliminato il pericolo che la prestazione assistenziale potesse essere interpretata come un atto arbitrario ed unilaterale, cioè come un intervento paternalistico”.
Il concetto, così ben espresso, avrebbe dovuto porre la parola fine alla sempre ripetuta qualificazione di paternalismo dell’opera di Adriano, ciò purtroppo non è successo, accade ancora ora di sentire riemergere questa accusa dagli interlocutori più diversi. Mi è successo nel novembre 2014 di sentirlo da studenti universitari che stavano preparando un seminario. Eppure diventa così chiaro appena si leggano i documenti del Consiglio di Gestione e le pubblicazioni aziendali, o si faccia semplicemente riferimento alla nostra esperienza, che purtroppo scomparirà e per questo dobbiamo ricordarla alle generazioni che verranno.
Il Consiglio di Gestione rimane operativo fino al 5 aprile 1971, quando, concordemente con le organizzazioni sindacali, l’esperienza viene chiusa a favore di un rapporto diretto, sulle sue competenze, dell’Azienda con i sindacati, anche attraverso la costituzione di commissioni bilaterali sui servizi sociali.