di Enzo Biandrino

Cari colleghi, mi piacerebbe leggeste questo racconto che sto per farvi come se fosse una chiacchierata tra amici. Chissà quanti di voi sono stati toccati dalla stessa vicenda che leggerete, e chissà quante altre storie, legate allo stesso episodio, molti di voi potrebbero raccontare. La mia narrazione comprende anche molti aspetti di carattere personale di cui mi sento di parlare apertamente, proprio come si fa tra amici.
Buona lettura e Buon Anno a tutti.

Scenario
3 Marzo 1998: viene firmato il contratto di cessione della Olsy tra Ing. C. Olivetti S.p.A. e Wang Laboratories.
Olsy: una Divisione della galassia Olivetti, specializzata in System Integration (Soluzioni e Servizi) la parte nobile della Società, il gioiello di famiglia.
Fatturato 1997 : 1.700 miliardi di Lire – Presente con una organizzazione diretta in 40 paesi nel mondo , con un organico complessivo di circa 23.000 persone.
Ceduta per 700 miliardi di Lire.
Olsy, tra le varie funzioni, comprende anche Oliservice, organizzazione specializzata in Servizi IT (lo STAC di vecchia memoria per intenderci), che da sola conta un organico complessivo di 15.000 persone. E’la gallina dalle uova d’oro i cui margini sono a sostegno di tutta la Divisione. Praticamente un’azienda nell’azienda … e questo a molti non piace.
Io sono uno di quei 15.000.
Assunto nel 1968, ho trascorso quindici anni girovagando per le filiali Italia con la mansione di Direttore dei Servizi Post Vendita, e quindici anni all’ HQ di Ivrea con la stessa mansione nel contesto delle Consociate Europee.

Antefatto
Fine 1997: la Direzione Centrale chiede alla Direzione Olsy di rendere disponibili quattro persone con competenze specifiche. Viene così formato un gruppo di lavoro ristretto e riservatissimo. Il team sarà l’interfaccia verso gli interlocutori Wang e avrà il compito di rispondere a tutte le loro domande di carattere operativo, organizzativo, gestionale relative al business Olsy.
Io sono uno dei quattro e rappresento il mondo Oliservice.
Gli incontri avvengono in modo molto riservato a Milano in un ufficio di rappresentanza riservato a Carlo De Benedetti.
All’inizio ero compiaciuto per la fiducia che l’Azienda mi riconosceva affidandomi questo incarico e nello stesso tempo pensavo che mai e poi mai poi una eccellenza IT come la Olsy potesse essere acquisita da una società come Wang, pertanto il mio animo era piuttosto tranquillo. Poi a mano a mano che le cose avanzavano mi rendevo conto che le cose diventavano sempre più serie. Quindi iniziai a pormi il problema relativo al mio futuro nel caso di una reale acquisizione. Nello stesso tempo pensavo anche alla mia reputazione nei confronti dei colleghi che prima o poi avrebbero saputo del mio “collaborazionismo con il nemico”.
Per il secondo aspetto decisi che era cosa buona e giusta informare dei fatti almeno quei due o tre colleghi con i quali avevo più stretti legami, uno di questi era addirittura il mio capo diretto. E così fu.
Per i problema relativo al mio futuro pensai che, dal momento che l’Azienda dimostrava fiducia nei miei confronti, questo potesse già essere un biglietto da visita per i futuri compratori. Inoltre avendo lavorato per alcuni mesi con loro avevo avuto l’opportunità di farmi conoscere e avevo l’impressione che ci fosse apprezzamento nei miei confronti. Tutto sommato non ero del tutto tranquillo ma abbastanza fiducioso.

Conseguenze
Dal mese di Aprile ’98 in poi, a Palazzo Uffici di Ivrea si ferma tutto, si crea un vuoto operativo, più nessuno prende iniziative, nessuno sa cosa fare, nessuno riceve disposizioni.
L’unico ad avere un gran da fare è l’ufficio del personale.
Ad uno ad uno i dirigenti Olsy vengono invitati ad un colloquio durante il quale viene loro fatta una proposta di uscita concordata. All’inizio la cosa passa inosservata perché nessuno degli interessati ne fa parola.
Più tardi si viene a sapere che qualcuno ha accettato la proposta ma delle condizioni non se ne parla. Probabilmente ognuno pensa di essere stato un privilegiato e di aver goduto di un trattamento speciale.
In seguito il fenomeno si allarga e qualcuno inizia a confidarsi in merito alle offerte ricevute, ma è troppo tardi per potersi organizzare. Com’è risaputo la classe dirigente non ha un sindacato sufficientemente rappresentativo e ciò comporta che ognuno fa da sé con le conseguenze che da questo derivano. Ah! Che assurda presunzione credere di risolvere il problema singolarmente! Con il senno di poi ……
La conclusione di tutto ciò è che tutti i dirigenti Olsy HQ accettano le dimissioni concordate, in quanto la Wang in buon stile americano non assume i dirigenti delle società acquisite specie quelli di HQ.

Il blackout
Giugno 1998: anch’io firmo le mie dimissioni forzate. L’ultimo giorno lavorativo sarà il 31/12/1998.
Da oggi sono ufficialmente disoccupato. Ho cinquant’anni, me ne mancano molti alla pensione, ho un ottimo CV ma ho un’età per cui sono difficilmente collocabile sul mercato, e una retribuzione difficile da sostenere per una società di piccole medie dimensioni.
Seguono mesi di ansia, paura, angoscia e di notti insonni.
I mitici ricordi Olivettiani : la visione di Camillo, la filosofia di Adriano, il concetto delle comunità, quello della ricchezza distribuita, i servizi sociali, gli ambienti di lavoro, il “qui non si licenzia nessuno”, e tante altre cose affascinanti che mi rendevano fiero di essere un dipendente della Olivetti, svaniscono e lasciano il posto ad una più emergente priorità.
Inizia il pellegrinaggio in cerca di lavoro. Telefonate, appuntamenti, colloqui ma niente da fare: mi rendo conto che l’impresa è molto più difficile di quanto pensassi.
Il mio cervello diventa una macchina che elabora incessantemente, giorno e notte, ipotesi diverse.
Ne parlo con tutti quelli che potrebbero aiutarmi, tra questi c’è anche un carissimo ex collega, uscito dalla Olivetti per anzianità. Nel corso degli anni abbiamo fatto insieme diverse campagne di ristrutturazione con competenze diverse. Ci lega non solo un rapporto di stima e fiducia ma anche una fraterna amicizia. Grazie alle sue competenze ha mantenuto un rapporto con la Società a cui presta occasionalmente delle consulenze.
Nasce così spontaneamente un’ idea : perché non creiamo una nostra società di consulenze?
Riteniamo di avere competenze piuttosto ampie in merito alla catena del business di attività industriali,  conoscenze maturate in anni di lavoro che in gioventù ci avevano visti responsabili, quali gestori di attività operative complesse, in ambito del Business Servizi IT. Attività che spaziavano dal progetto alla produzione, dal marketing alla vendita, dal service delivery alla customer satisfaction fino alla gestione economica dell’unità operativa di appartenenza. In tempi successivi, lasciato il field e ammarati all’HQ, fummo inoltre per anni i fautori di un ambizioso programma di “continuos improvement” dei processi del Service con lo scopo di migliorare la competitività. Questo richiedeva studi e realizzazione di progetti di change management al fine di aumentare produttività ed efficienza delle unità operative in seno alle Consociate …. In pratica eravamo già dei consulenti senza rendercene conto.
Inoltre negli ultimi anni, avendo lavorato in stretta collaborazione con rinomate società di consulenza in attività di change management, avevamo acquisito anche nuove metodologie ed evoluti strumenti di elaborazione, analisi, diagnosi, simulazione, applicate a varie tipologie di processi.
In considerazione di questi fatti, ci sentiamo preparati ad affrontare il mercato delle consulenze. Decidiamo insieme ad una terza persona estranea al mondo olivettiano, di costituire la nostra società di Business Consulting.
Seguono mesi di preparazione. Trovare un nome alla società (sembra banale ma non è così), creare un’immagine marketing, dare dei contenuti alla nostra offerta, produrre una brochure di presentazione, redigere un piano di azione, elaborare delle ipotesi di business model… Infine affrontare l’impresa più difficile : trovare clienti disposti ad affidarci del lavoro.

The day after
1 Gennaio 1999: all’inizio le cose si muovono lentamente, siamo impegnati in studi e iniziative di piccolo cabotaggio.
Poi il colpo di fortuna. Una storica società Italiana, leader di mercato nella progettazione, produzione e vendita di sistemi e soluzioni di comunicazione, con stabilimenti di produzione sparsi su tutto il territorio, e con un buon corredo di società acquisite, ci chiede uno studio di riorganizzazione in una delle società controllate.
Lo studio si trasforma poi in progetto e ci vede impegnati per un periodo piuttosto lungo.
In seguito a questo, la stessa Società ci commissiona altre consulenze di carattere organizzativo su diversi comparti (produzione, logistica, post vendita) e l’impegno diventa di lunga durata.
Dal 2001 in poi la nostra società decolla grazie all’acquisizione di altri clienti. Diventa difficile se non impossibile stare dietro a tutte le cose. Oltretutto le nostre competenze non sono infinite, anzi in certe aree siamo decisamente carenti. Così progressivamente iniziamo ad avvalerci di nuove risorse freelance con competenze specifiche in vari settori : produzione, logistica, finanza, amministrazione, Project Management. Guarda caso quasi tutti provenienti dal mondo Olivetti.
Infine dopo dieci anni di attività decido che è arrivato il momento di ritirarmi e di occuparmi di qualcosa di meno impegnativo.

Conclusione – Non tutto il male viene per nuocere
Senza alcun dubbio Olivetti è stata un modello unico ed irripetibile nello scenario industriale Italiano.
Essendo entrato in azienda nel 1968 non ho potuto assaporare appieno e in prima persona quel sapore di aria pulita che Adriano con le sue idee di sviluppo umano e sociale era riuscito ad infondere.
Purtroppo con il passar del tempo e per tanti motivi diversi, quell’aria si è sempre un po’ più inquinata fino a raggiungere gli epiloghi che tutti noi conosciamo.
Tuttavia mi è rimasta una convinzione: un’azienda non è solo la storia delle proprie origini, la visione del suo fondatore, la sua etica sociale, i grandi prodotti che ha realizzato ad identificarla. Oltre a questo in ogni azienda esiste una moltitudine di microstorie che riguardano gli individui, le relazioni tra di loro, le singole capacità professionali, lo spirito associativo.
Mi piace pensare a questa seconda parte come se fosse un miscuglio di elementi chimici dalla cui aggregazione nascono quegli organismi che formano le parti vitali dell’azienda. Resto affascinato da questa bizzarra  immagine perché la trovo appropriata alla situazione che ha visto da una parte la fine della Olivetti e dall’altra la capacità di quelle sue parti costituenti di continuare la loro vita.
In conclusione ritengo che la mia esperienza vissuta in Olivetti sia stata molto costruttiva nel bene e nel male, che sia stata culturalmente importante e che abbia contribuito fortemente alla mia formazione personale e professionale. Anche l’evento negativo del licenziamento mi ha dato l’opportunità di arricchirmi di nuove esperienze che hanno allargato i miei orizzonti.
Mi considero uno di quegli elementi chimici, di cui parlavo prima, sempre alla ricerca di un secondo elemento con cui dare vita a nuove esperienze …. “Tutto il resto è noia …”.
Non ho rimpianti per l’azienda che ho lasciato, così pure non provo sentimenti particolari legati ai gloriosi valori a cui sempre si fa riferimento quando si parla di Olivetti.
Tuttavia, nonostante tutto, capisco quei colleghi che ancor oggi mantengono vivo il ricordo del leggendario passato. Quindi riconosco che, in fondo in fondo, chi più chi meno, ci sentiamo tutti un po’ orfani di Mamma Olivetti.
Ringrazio coloro che hanno letto fino in fondo i miei ricordi e che avranno la compiacenza di esporre le loro idee in merito.
Enzo Biandrino


PS : Per onore di cronaca ricordo con rammarico, per chi non lo sapesse, le vicende successive all’acquisizione Olsy.
A metà 1999 Wang costituì la Wang Global in cui venne integrata Olsy, dopodiché nello stesso anno Olsy venne ceduta repentinamente da Wang a Getronics NV. Sempre nel 1999 anche la Olivetti Ricerca venne ceduta da Olivetti a Getronics.
Negli anni successivi, Getronics iniziò una lunga e sofferta diaspora che toccò in modo particolare la ex Olsy Italia. Ci furono spezzettamenti, fallimenti, cambi di ragione sociale, cessioni da una società all’altra dello stesso gruppo, vertenze sindacali, cause legali.
Praticamente fu una tragedia con gravi ripercussioni sulla vita di molti colleghi che loro malgrado si trovarono coinvolti nella sciagura.

PS : A chi non lo avesse ancora letto suggerisco questo libro : Il caso Olivetti – Meryle Secrest – Rizzoli.

 

 

 

 

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