di Enzo Biandrino
Cari colleghi, mi piacerebbe leggeste questo racconto che sto per farvi come se fosse una chiacchierata tra amici. Chissà quanti di voi sono stati toccati dalla stessa vicenda che leggerete, e chissà quante altre storie, legate allo stesso episodio, molti di voi potrebbero raccontare. La mia narrazione comprende anche molti aspetti di carattere personale di cui mi sento di parlare apertamente, proprio come si fa tra amici.
Buona lettura e Buon Anno a tutti.
Scenario
3 Marzo 1998: viene firmato il contratto di cessione della Olsy tra Ing. C. Olivetti S.p.A. e Wang Laboratories.
Olsy: una Divisione della galassia Olivetti, specializzata in System Integration (Soluzioni e Servizi) la parte nobile della Società, il gioiello di famiglia.
Fatturato 1997 : 1.700 miliardi di Lire – Presente con una organizzazione diretta in 40 paesi nel mondo , con un organico complessivo di circa 23.000 persone.
Ceduta per 700 miliardi di Lire.
Olsy, tra le varie funzioni, comprende anche Oliservice, organizzazione specializzata in Servizi IT (lo STAC di vecchia memoria per intenderci), che da sola conta un organico complessivo di 15.000 persone. E’la gallina dalle uova d’oro i cui margini sono a sostegno di tutta la Divisione. Praticamente un’azienda nell’azienda … e questo a molti non piace.
Io sono uno di quei 15.000.
Assunto nel 1968, ho trascorso quindici anni girovagando per le filiali Italia con la mansione di Direttore dei Servizi Post Vendita, e quindici anni all’ HQ di Ivrea con la stessa mansione nel contesto delle Consociate Europee.
Antefatto
Fine 1997: la Direzione Centrale chiede alla Direzione Olsy di rendere disponibili quattro persone con competenze specifiche. Viene così formato un gruppo di lavoro ristretto e riservatissimo. Il team sarà l’interfaccia verso gli interlocutori Wang e avrà il compito di rispondere a tutte le loro domande di carattere operativo, organizzativo, gestionale relative al business Olsy.
Io sono uno dei quattro e rappresento il mondo Oliservice.
Gli incontri avvengono in modo molto riservato a Milano in un ufficio di rappresentanza riservato a Carlo De Benedetti.
All’inizio ero compiaciuto per la fiducia che l’Azienda mi riconosceva affidandomi questo incarico e nello stesso tempo pensavo che mai e poi mai poi una eccellenza IT come la Olsy potesse essere acquisita da una società come Wang, pertanto il mio animo era piuttosto tranquillo. Poi a mano a mano che le cose avanzavano mi rendevo conto che le cose diventavano sempre più serie. Quindi iniziai a pormi il problema relativo al mio futuro nel caso di una reale acquisizione. Nello stesso tempo pensavo anche alla mia reputazione nei confronti dei colleghi che prima o poi avrebbero saputo del mio “collaborazionismo con il nemico”.
Per il secondo aspetto decisi che era cosa buona e giusta informare dei fatti almeno quei due o tre colleghi con i quali avevo più stretti legami, uno di questi era addirittura il mio capo diretto. E così fu.
Per i problema relativo al mio futuro pensai che, dal momento che l’Azienda dimostrava fiducia nei miei confronti, questo potesse già essere un biglietto da visita per i futuri compratori. Inoltre avendo lavorato per alcuni mesi con loro avevo avuto l’opportunità di farmi conoscere e avevo l’impressione che ci fosse apprezzamento nei miei confronti. Tutto sommato non ero del tutto tranquillo ma abbastanza fiducioso.
Conseguenze
Dal mese di Aprile ’98 in poi, a Palazzo Uffici di Ivrea si ferma tutto, si crea un vuoto operativo, più nessuno prende iniziative, nessuno sa cosa fare, nessuno riceve disposizioni.
L’unico ad avere un gran da fare è l’ufficio del personale.
Ad uno ad uno i dirigenti Olsy vengono invitati ad un colloquio durante il quale viene loro fatta una proposta di uscita concordata. All’inizio la cosa passa inosservata perché nessuno degli interessati ne fa parola.
Più tardi si viene a sapere che qualcuno ha accettato la proposta ma delle condizioni non se ne parla. Probabilmente ognuno pensa di essere stato un privilegiato e di aver goduto di un trattamento speciale.
In seguito il fenomeno si allarga e qualcuno inizia a confidarsi in merito alle offerte ricevute, ma è troppo tardi per potersi organizzare. Com’è risaputo la classe dirigente non ha un sindacato sufficientemente rappresentativo e ciò comporta che ognuno fa da sé con le conseguenze che da questo derivano. Ah! Che assurda presunzione credere di risolvere il problema singolarmente! Con il senno di poi ……
La conclusione di tutto ciò è che tutti i dirigenti Olsy HQ accettano le dimissioni concordate, in quanto la Wang in buon stile americano non assume i dirigenti delle società acquisite specie quelli di HQ.
Il blackout
Giugno 1998: anch’io firmo le mie dimissioni forzate. L’ultimo giorno lavorativo sarà il 31/12/1998.
Da oggi sono ufficialmente disoccupato. Ho cinquant’anni, me ne mancano molti alla pensione, ho un ottimo CV ma ho un’età per cui sono difficilmente collocabile sul mercato, e una retribuzione difficile da sostenere per una società di piccole medie dimensioni.
Seguono mesi di ansia, paura, angoscia e di notti insonni.
I mitici ricordi Olivettiani : la visione di Camillo, la filosofia di Adriano, il concetto delle comunità, quello della ricchezza distribuita, i servizi sociali, gli ambienti di lavoro, il “qui non si licenzia nessuno”, e tante altre cose affascinanti che mi rendevano fiero di essere un dipendente della Olivetti, svaniscono e lasciano il posto ad una più emergente priorità.
Inizia il pellegrinaggio in cerca di lavoro. Telefonate, appuntamenti, colloqui ma niente da fare: mi rendo conto che l’impresa è molto più difficile di quanto pensassi.
Il mio cervello diventa una macchina che elabora incessantemente, giorno e notte, ipotesi diverse.
Ne parlo con tutti quelli che potrebbero aiutarmi, tra questi c’è anche un carissimo ex collega, uscito dalla Olivetti per anzianità. Nel corso degli anni abbiamo fatto insieme diverse campagne di ristrutturazione con competenze diverse. Ci lega non solo un rapporto di stima e fiducia ma anche una fraterna amicizia. Grazie alle sue competenze ha mantenuto un rapporto con la Società a cui presta occasionalmente delle consulenze.
Nasce così spontaneamente un’ idea : perché non creiamo una nostra società di consulenze?
Riteniamo di avere competenze piuttosto ampie in merito alla catena del business di attività industriali, conoscenze maturate in anni di lavoro che in gioventù ci avevano visti responsabili, quali gestori di attività operative complesse, in ambito del Business Servizi IT. Attività che spaziavano dal progetto alla produzione, dal marketing alla vendita, dal service delivery alla customer satisfaction fino alla gestione economica dell’unità operativa di appartenenza. In tempi successivi, lasciato il field e ammarati all’HQ, fummo inoltre per anni i fautori di un ambizioso programma di “continuos improvement” dei processi del Service con lo scopo di migliorare la competitività. Questo richiedeva studi e realizzazione di progetti di change management al fine di aumentare produttività ed efficienza delle unità operative in seno alle Consociate …. In pratica eravamo già dei consulenti senza rendercene conto.
Inoltre negli ultimi anni, avendo lavorato in stretta collaborazione con rinomate società di consulenza in attività di change management, avevamo acquisito anche nuove metodologie ed evoluti strumenti di elaborazione, analisi, diagnosi, simulazione, applicate a varie tipologie di processi.
In considerazione di questi fatti, ci sentiamo preparati ad affrontare il mercato delle consulenze. Decidiamo insieme ad una terza persona estranea al mondo olivettiano, di costituire la nostra società di Business Consulting.
Seguono mesi di preparazione. Trovare un nome alla società (sembra banale ma non è così), creare un’immagine marketing, dare dei contenuti alla nostra offerta, produrre una brochure di presentazione, redigere un piano di azione, elaborare delle ipotesi di business model… Infine affrontare l’impresa più difficile : trovare clienti disposti ad affidarci del lavoro.
The day after
1 Gennaio 1999: all’inizio le cose si muovono lentamente, siamo impegnati in studi e iniziative di piccolo cabotaggio.
Poi il colpo di fortuna. Una storica società Italiana, leader di mercato nella progettazione, produzione e vendita di sistemi e soluzioni di comunicazione, con stabilimenti di produzione sparsi su tutto il territorio, e con un buon corredo di società acquisite, ci chiede uno studio di riorganizzazione in una delle società controllate.
Lo studio si trasforma poi in progetto e ci vede impegnati per un periodo piuttosto lungo.
In seguito a questo, la stessa Società ci commissiona altre consulenze di carattere organizzativo su diversi comparti (produzione, logistica, post vendita) e l’impegno diventa di lunga durata.
Dal 2001 in poi la nostra società decolla grazie all’acquisizione di altri clienti. Diventa difficile se non impossibile stare dietro a tutte le cose. Oltretutto le nostre competenze non sono infinite, anzi in certe aree siamo decisamente carenti. Così progressivamente iniziamo ad avvalerci di nuove risorse freelance con competenze specifiche in vari settori : produzione, logistica, finanza, amministrazione, Project Management. Guarda caso quasi tutti provenienti dal mondo Olivetti.
Infine dopo dieci anni di attività decido che è arrivato il momento di ritirarmi e di occuparmi di qualcosa di meno impegnativo.
Conclusione – Non tutto il male viene per nuocere
Senza alcun dubbio Olivetti è stata un modello unico ed irripetibile nello scenario industriale Italiano.
Essendo entrato in azienda nel 1968 non ho potuto assaporare appieno e in prima persona quel sapore di aria pulita che Adriano con le sue idee di sviluppo umano e sociale era riuscito ad infondere.
Purtroppo con il passar del tempo e per tanti motivi diversi, quell’aria si è sempre un po’ più inquinata fino a raggiungere gli epiloghi che tutti noi conosciamo.
Tuttavia mi è rimasta una convinzione: un’azienda non è solo la storia delle proprie origini, la visione del suo fondatore, la sua etica sociale, i grandi prodotti che ha realizzato ad identificarla. Oltre a questo in ogni azienda esiste una moltitudine di microstorie che riguardano gli individui, le relazioni tra di loro, le singole capacità professionali, lo spirito associativo.
Mi piace pensare a questa seconda parte come se fosse un miscuglio di elementi chimici dalla cui aggregazione nascono quegli organismi che formano le parti vitali dell’azienda. Resto affascinato da questa bizzarra immagine perché la trovo appropriata alla situazione che ha visto da una parte la fine della Olivetti e dall’altra la capacità di quelle sue parti costituenti di continuare la loro vita.
In conclusione ritengo che la mia esperienza vissuta in Olivetti sia stata molto costruttiva nel bene e nel male, che sia stata culturalmente importante e che abbia contribuito fortemente alla mia formazione personale e professionale. Anche l’evento negativo del licenziamento mi ha dato l’opportunità di arricchirmi di nuove esperienze che hanno allargato i miei orizzonti.
Mi considero uno di quegli elementi chimici, di cui parlavo prima, sempre alla ricerca di un secondo elemento con cui dare vita a nuove esperienze …. “Tutto il resto è noia …”.
Non ho rimpianti per l’azienda che ho lasciato, così pure non provo sentimenti particolari legati ai gloriosi valori a cui sempre si fa riferimento quando si parla di Olivetti.
Tuttavia, nonostante tutto, capisco quei colleghi che ancor oggi mantengono vivo il ricordo del leggendario passato. Quindi riconosco che, in fondo in fondo, chi più chi meno, ci sentiamo tutti un po’ orfani di Mamma Olivetti.
Ringrazio coloro che hanno letto fino in fondo i miei ricordi e che avranno la compiacenza di esporre le loro idee in merito.
Enzo Biandrino
PS : Per onore di cronaca ricordo con rammarico, per chi non lo sapesse, le vicende successive all’acquisizione Olsy.
A metà 1999 Wang costituì la Wang Global in cui venne integrata Olsy, dopodiché nello stesso anno Olsy venne ceduta repentinamente da Wang a Getronics NV. Sempre nel 1999 anche la Olivetti Ricerca venne ceduta da Olivetti a Getronics.
Negli anni successivi, Getronics iniziò una lunga e sofferta diaspora che toccò in modo particolare la ex Olsy Italia. Ci furono spezzettamenti, fallimenti, cambi di ragione sociale, cessioni da una società all’altra dello stesso gruppo, vertenze sindacali, cause legali.
Praticamente fu una tragedia con gravi ripercussioni sulla vita di molti colleghi che loro malgrado si trovarono coinvolti nella sciagura.
PS : A chi non lo avesse ancora letto suggerisco questo libro : Il caso Olivetti – Meryle Secrest – Rizzoli.
Ho letto tutto e mi ritrovo ho vissuto un’esperienza simile che continuo a credere importante. Lo spartiacque è stato proprio l’anno 2000 quando sono andato a Ivrea in una software house con partecipazione Getronics. Poi dopo Retalix (Telaviv) e dopo NCR (Atlanta). Non ho cambiato colleghi ma è cambiato il panorama, non più nella vecchia Olivetti ma un mondo in veloce cambiamento da inseguire e cogliere. Ho comunque lavorato sempre nell’aspetto tecnico (software) dove mi trovavo e riuscivo a esprimermi bene ma il cemento della base di tutto arrivava da Olivetti , ho conosciuto molte persone , molte concezioni diverse quando però ti chiedevano da dove venivi rispondevo che venivo da Olivetti e tutti capivano. Un caro Saluto da un ex dipendente di To2. Buon Anno.
Flavio Combetto
Ciao Flavio, caro e vecchio amico della TO2.
Ti ringrazio per il comento che hai scritto. Sono anche contento che pure tu, nella sventura, ne sia uscito vittorioso. Spero che siamo in tanti a poter dire : è stato bello, è stata dura, ma c’è l’ho fatta.
Ciao un abbraccio.
Mi ritrovo davvero in quello che Enzo Biandrino ha voluto condividere con noi, inclusa la conclusione.
“Mutatis mutandis” potrei scrivere una storia analoga, che è continuata anche con Wang e con Getronics. Alla fine, grazie all’esperienza Olivettiana, ho potuto vivere venti anni di gratificante lavoro indipendente.
Ciao Domenico, grazie per il tuo apprezzamento.
Dalle risposte che sto ricevendo capisco che siamo stati in molti a vivere la stessa esperienza.
Mi fa piacere che per tutti ci sia stato un lieto fine anche se questo ha comportato sacrifici ma, come si suol dire …. tutto è bene quel che finisce bene.
Ciao e grazie ancora.
Per noi vecchi è sempre gradito leggere la storia di un collega in Olivetti. Oltre al senso di appartenenza, riemerge l’entusiasmo che legava tutti noi consapevoli che la guida di Adriano ci stava facendo vivere un’avventura eccezionale.
Entrato in Azienda nel settembre 1955, dopo vari passaggi, a metà 1959 sono stato trasferito all’Ufficio Studi di Ivrea dove, sotto la guida di Elserino Piol, ho cominciato ad occuparmi di informatica.
Ebbi la fortuna di parlare un giorno con Adriano Olivetti che aveva a cuore il progetto Elea sul quale lavoravamo ed era venuto per informarsi sullo stato del nostro lavoro.
Tutti sanno dell’incomprensibile morte della nostra guida e conoscono i successivi avvenimenti che portarono alla sparizione della Olivetti. E’ inutile parlarne.
Lasciai la Società a metà del 1965 per ritornare a Palermo e costituire un’Azienda di servizi informatici (si chiamava PERT Informatica) che ha avuto un discreto successo perché spendevo molto la mia origine professionale. L’ho lasciato nel 2000 per andare in pensione. Avevo 65 anni.
Una vita normale ma da olivettiano per sempre.
Mario Moncada di Monforte
Caro Mario, grazie per il tuo commento.
Leggendo il tuo racconto, credo che, tra tutti quelli che mi hanno contattato, tu sia quello che ha sofferto di più per la ingloriosa fine della Olivetti.
Tuttavia hai avuto l’onore di vivere a contatto con i personaggi chiave dell’epoca e questo ti dovrebbe far sentire partecipe della storia più di tutti noi e … se mi permetti anche questa è una bella soddisfazione !
Ciao – Enzo
Caro Enzo, un immenso piacere leggerti e apprendere che, mi pare, ti sia andata bene. Molto lucida la tua esposizione di un pezzo di storia a me ignota, te ne sono grato. Uno splendido 2024 per te. Giovanni Meane
GIOVANNI !!! Anche per me è un grandissimo piacere risentirti dopo così tanto tempo.
Benchè il periodo in cui abbiamo lavorato insieme sia stato breve ho mantenuto un bel ricordo di te. Quello che più mi ha affascinato, oltre alla tua competenza, è sempre stato quel tuo modo originale ed elegante di esporre le cose.
Abbiamo anche avuto la fortuna di lavorare sotto la guida di un gran maestro (Bruno d’Avanzo) che in queste cose era un grande.
Anche la vicinanza con alcune persone ha contribuito alla mia formazione professionale, da cui ho potuto trarre vantaggi in tempi successivi.
Grazie di cuore per il tuo commento e Buon Anno anche a te.
Enzo
Caro Enzo,
non ho ricordi personali di te ma di sicuro, letta la tua esperienza, credo di averti incrociato direttamente o non, in qualche contesto dell’epoca.
Nei miei ricordi mi rimase impresso che ci fecero credere, in quegli anni, che noi OLSY eravamo il “nuovo”, i traghettatori verso i nuovi scenari di mercato, e voi Oliservice eravate il “vecchio”, la mucca da mungere. Situazione che generò molti scazzi con gli amici (tali diventammo dopo esserci frequentati e conosciuti) Oliservice a Milano Lorenteggio e Roma.
Io, poi, essendo uno di quelli a cui fu impedito di “transitare” verso Omnitel o Infostrada dove eravamo richiesti, perché “servivamo” a portare avanti il business della Olsy prima, Wang in transito, Getronics alla fine, …. sono stato poi invitato ad accettare il licenziamento “volontario” nel 2004 a 48 anni, dopo 4 anni da dirigente, vissuti dopo Ivrea, Milano, Roma ed alla fine Pozzuoli.
Purtroppo però le condizioni “volontarie” di uscita, non erano più quelle del 1998 o precedenti, ma rispettavano esclusivamente i ridotti obblighi di legge.
A quell’età e con le professionalità sviluppate ero certo di riposizionarmi subito altrove, ma purtroppo così non fu e dopo 2 anni di “brutte” esperienze, mi son ritrovato in Fujitsu-Siemens Italia a ricominciare da impiegato, ma con un dignitoso contratto a tempo indeterminato: il tutto grazie alla ottima presentazione che mi fece un mio ex capo che li era entrato qualche anno prima (purtroppo dopo poco scomparve giovanissimo in un tragico incidente stradale).
Esperienza di lavoro bellissima e interessantissima, vissuta in una azienda che dopo 1 anno diventò tutta Giapponese (Siemens uscì e rimase solo Fujitsu), con una cultura giapponese, molto diversa dalla cultura aziendale classica italiana o tedesca di Siemens, ma dove la mia cultura aziendale sviluppata nei 22 anni vissuti in Olivetti, mi aiutò tantissimo in termini di fattori umani (onestà, rispetto del ruolo, delle persone etc) e fattori professionali (competenze, teamwork, lavorare per obiettivi aziendali condivisi etc) che i Giapponesi mettevano alla base del rapporto di lavoro.
Tutto mi è stato riconosciuto da questa società fino a quando altri eventi finanziari e di mercato hanno portato alla vendita di FUJITSU ITALIA a fondi internazionali che hanno creato “strane” compagini aziendali italiane che l’hanno portata a ridursi da circa 1000 dipendenti a poche decine di persone, cose che in Italia e non solo, sono all’ordine del giorno (vedi la fine di Olivetti).
E’ da settembre 2020, cioè a 64 anni, che sono pensionato, grazie ad un meccanismo ancora legato alla legge Fornero (pensione solo contributiva), scoperto per caso dopo una consulenza diretta in INPS.
Ti ringrazio per l’opportunità che mi hai dato con il tuo articolo di esporti la mia esperienza che trovo abbastanza simile al tuo e di tanti altri che come noi, abbiamo vissuto in quel periodo. Ciao
Caro Mario, grazie per il tuo commento.
Leggendo il tuo racconto mi viene spontaneo dire : certo non ti sei annoiato !
Hai avuto una storia tortuosa e complessa che nel bene e nel male avrà lasciato il suo segno. La frase che riporto nel mio racconto …. tutto il resto è noia, a te calza a pennello.
Come avrai visto dai commenti dei colleghi, sono molte le storie simili alle nostre e per questo credo che tutti insieme possiamo dire con soddisfazione : è stato bello, è stata dura ma ce l’abbiamo fatta !
Ciao – Enzo
Caro Enzo,
mi complimento con te per l’articolo molto interessante e anche scritto molto bene.
LDopo la tua uscita da Olivetti hai realizzato con pochi colleghi una bella imniziativa di cui non ero a conoscenza, mentre ti ho conosciuto bene all’interno di Oliservice.
Mi ha colpito molto la fusione tra le difficoltà e poi i successi della tua Società di consulenza e il ricordo vivo che ti ha lasciato Olivetti.
Io sono uscito da Olivetti nel 1999, ho lavorato brevemente in un’altra Società e poi ho fatto per anni Consulenza Servizi in modo autonomo: avevo imparato molto da oliservice/Olsy.
Buon Anno a te
Federico
Federico ….!!!! carissimo ed indimenticabile amico!
Non puoi immaginare quanto piacere mi ha fatto leggere il tuo commento. Grazie.
Da quanti anni ci conosciamo? Tantissimi, più di 40.
In tutto questo tempo ho sempre apprezzato la tua forza di volontà, il tuo entusiasmo, la tua capacità di convincimento e quell’elegante accento toscano, fluido e vivace che ho sempre tanto ammirato.
Mi ricordo ancora la prima volta che ci siamo incontrati, era all’inizio degli anni 80.
Io ero responsabile del Servizio Clienti a Torino e tra questi c’era anche la FIAT. Tu eri all’HQ di Ivrea ed eri il responsabile del progetto di Office Automation (era il tempo delle ET). Quanti incontri, quante discussioni, che bei tempi, storie che fanno parte di un lontano passato.
Nel leggere il tuo commento, come quello di molti altri, si è rafforzata una ulteriore convinzione: tra le grandi imprese che la Olivetti ha compiuto, bisogna anche includere il merito di aver saputo formare una classe manageriale di primordine. Di questo molti di noi ne hanno beneficiato e, seppure nella malasorte, no possiamo che esserne grati.
Caro Federico, con questo, non mi resta che salutarti con molta simpatia.
Un caloroso abbraccio – Enzo
PS : come vanno i tuoi studi sulla meccanica quantistica?
Caro Enzo, nella mia attività di Ufficio Stampa per lunghissimi anni (da metà anni 70 fino all’inizio 2000, con brevi interruzioni) credo di aver avuto modo di incontrarti e forse collaborare, specialmente quando Oliservice aspirava giustamente a una sua visibilità.
In ogni caso, condivido in pieno quanto hai scritto.
Anche il mio caso ha qualcosa in comune col tuo. Andato in pensione (su mia richiesta, sottolineo, dopo l’avventura professionalmente entusiasmante, ma distruttiva della mia vita privata) mi sono “riciclato” in consulente e il background Olivetti, per esperienza, competenze, contatti, stile, è sempre stata una formidabile freccia al mio arco.
Anche i clienti con cui ho lavorato provenivano per gran parte dalla galassia Olivetti.
Certo, gli olivettiani sono in via di estinzione, ma, scrivevo io stesso in un articolo su “Dirigenti Industria” di alcuni anni fa, “Olivetti è stata un’autentica scuola di management, i cui esponenti, del resto, ancora oggi innervano una rilevante parte del tessuto imprenditoriale e manageriale del nostro Paese”.
Caro Ugo, grazie per il tuo commento.
Certamente ci siamo incontrati, forse di sfuggita, in uno di quei tanti e affollati meeting, come si usava una volta.
La tua vicenda, come la mia e quella di molti altri che hanno commentato il mio articolo, ci unisce in una unica avventura : come naufraghi sulla stessa barca, ognuno di noi è riuscito, seppur con mezzi diversi, a raggiungere la riva sano e salvo.
Colgo, tra le righe che mi hai inviato, una nota amara che riguarda la tua vita privata. Spero che il tempo sia servito a lenire questo dispiacere.
Ti confesso che anch’io, pur non avendo rimpianti per la vita professionale in Olivetti, nutro un solo dispiacere : quello di aver trascurato un po’ troppo la famiglia. Per fortuna ho una moglie eccezionale che è riuscita a contenere questa mancanza. Ho due figlie ormai adulte, cresciute ed educate (durante la mia assenza …) in modo eccellente. Oggi in famiglia ricordiamo il passato come un tempo felice, tuttavia il mio senso di colpa rimane ma questo lenisce un po’ il mio rammarico.
Sono molto soddisfatto dei commenti che ho ricevuto, perché il mio scopo non era solo quello di raccontare una storia ma di fare una chiacchierata tra amici. Ognuno ha raccontato qualche cosa di sé, le proprie sofferenze, le soddisfazioni, le confidenze private … proprio come si fa tra amici. E forse possiamo dire di conoscerci tutti un po’ meglio.
Ringrazio te che mi hai dato lo spunto per questi pensieri e tutti gli altri amici che hanno partecipato alla chiacchierata.
Grazie – Enzo
Carissimo Enzo,
Grazie per il tuo articolo, era una parte che mi mancava e mi hai fatto luce su un periodo che fortunatamente mi ha visto fuori dalle vicende che tu hai vissuto. Ci siamo incrociati nel lavoro da Prato 1968/69 a Genova Savona ecc.ecc. poi un graditissimo nuovo incontro dopo tanti anni nel 2008 per il centenario della Olivetti a Ivrea e Villa Matilde con Pescarmona e tanti altri ex colleghi. Ne porto ancora un ricordo prezioso ed ogni tanto vado a rivedere le foto ed i msg del tempo.
Quando la Olivetti non era più quella che hoi conosciuto dal 1961 in poi che, via ,via continuava a cambiare si capiva che CDB “LUI” la stava mettendo sul mercato per fare cassa con quel carico prezioso che molti di noi avevano contribuito a costruire, lasciando ad altri il compito di spezzettare tutto e fare manbassa di quello che c’era….
Sono riuscito ad USCIRE il 31 Dicembre 1991 con la legge 223 chiedendo ed aottenendo di essere inserito nell’elenco di quelli che ne potevano usufruire.
Poi ho fatto consulenze varie di Organizzazioni aziendali Toscane per arrivare poi a godermi famiglia e nipoti insieme a mia moglie Paola.
Ho seguito le vicende della Olivetti attraverso ex colleghi e la Stampa ma questa parte mi mancava.
Caro Enzo, grazie ancora del tuo contributo e Buona vita. Con stima ed amicizia
Roberto Serra
Il Primo amore non si scorda mai …. e per me si chiama Roberto Serra !
Caro Roberto, la tua telefonata mi ha fatto enormemente piacere però mi ha colto impreparato.
Infatti da alcuni giorni non guardavo il sito Olivettiani e non ero aggiornato sugli ultimi commenti (il tuo e quello di Ugo Panerai) . Scusami.
Tu non lo hai detto ma dalle tue parole ho colto questo senso : “Ma come? Hai risposto a tutti e proprio a me no …???”. Così mi sono sentito terribilmente in colpa per aver commesso, sebbene involontariamente, un’offesa di “lesa maestà”. Ed è proprio così perchè dal primo giorno che ti ho conosciuto ti ho eletto a mio “Maestro”.
Ho pensato che avrei potuto scriverti ricordando i nostri 55 anni di amicizia. Dal primo incontro a Prato, alle fasi successive che, nel corso degli anni, ci hanno sempre visti in qualche modo collegati. Tu a Genova io a Savona, tu a Firenze ed io a Livorno. Poi ho visto che le stesse cose che avevo in mente, tu le avevi già citate nei tuoi commenti ….. se non è imprinting questo …!!!
In merito al mio articolo, dalle risposte che ho ricevuto, capisco di aver suscitato molti ricordi che ci accomunano un po’ tutti. Mi ha fatto piacere rispondere singolarmente ad ognuno. Da ogni commento ho tratto l’opportunità di allargare il discorso su vari aspetti relativi alla nostra esperienza Aziendale.
Scrivendo a te mi rendo conto della fortuna che ho avuto, nel mio percorso Aziendale, di incontrare e di lavorare con molte persone che ho stimato sentitamente. Ognuno con caratteristiche diverse dalle quali ho potuto imparare tutto quello che so. Questa è stata un’altra magia che un po’ tutti abbiamo vissuto nell’ambiente Olivettiano e che mi piace ricordare.
Roberto, inutile dirlo, tu sei uno di questi e per questo te ne sono grato.
Grazie per il tuo commento, grazie per la telefonata, grazie per la tua amicizia.
Conto di vederti una volta che verrai a Torino. Ciao a presto, salutami anche Paola.
Enzo
Caro Enzo, è un grande piacere leggere la tua chiara esposizione, che non lascia dubbi in merito alla tua professionalità e competenza, confermate nei fatti avvenuti, nel tuo prosieguo lavorativo.
La tua storia con Olsy, è simile alla mia quando lasciai Olivetti System & Network nel 1991. Fu una mia decisione, incoraggiata senza dubbio, da una situazione insostenibile. Non immagini lo stupore misto a ilarità dell’HR a PU Olivetti!
Con tanta amarezza pertanto ravviso, in ambedue i casi di chiusura del rapporto lavorativo, quella politica: “fuori l’uomo dalla fabbrica”. Politica avversa a quella di Adriano e Camillo: “mai licenziare per il bene della comunità”, se privi un capofamiglia del lavoro la comunità si impoverisce.
Olsy e il gruppo Olivetti, avevano raggiunto ambiziosi traguardi mondiali, creando alla base una cultura industriale, sociale, umanistica che venne definita da molti studiosi utopistica.
Lasciamo a parte la cecità della classe politica italiana che, assistette allo spettacolo impassibile; permettendo il dissolvimento di una simile risorsa, multinazionale, icona di immagine mondiale.
E’ sconcertante rilevare che il nostro paese sia sempre stato privo di una politica industriale (vedi caso FIAT.)
E’ imperdonabile, la mancata volontà e capacità, imprenditoriale italiana, di lavorare al rilancio dell’impresa.
E’ più semplice e assai fruttuoso usare, quel paradigma americanizzante di finanziarizzazione dell’azienda, quel mezzo che conduce alla svendita, a prezzi di saldo, “dello spezzatino” d’impresa. Il contenuto nobile imprenditoriale Olivetti non interessava. Venne così tutto disciolto, (cultura industriale territoriale, progetti, idee, tecnologie, capacità produttive, conoscenze organizzative e dei mercati, uomini e mezzi), in un brodino ristretto, dismesso e monetizzato. Oliservice, azienda nell’azienda, anch’essa disciolta come regalia. Negli States, la mancia è d’obbligo. Non importa quanti sono, 10/15.000, (operatori, periti, ingegneri, manager, direttori, capi), e non conta se tutti lavorano per la soddisfazione del cliente.
Come giustamente tu osservi Oliservice non da tutti fu compresa! Perché questa incomprensione? Fu forse inconsapevolezza di pochi? Vuoi tu indagare e conoscere la verità? Vuoi approfondire i fatti che toccano le coscienze? Caro Enzo stiamo vagando con riflessioni sul modo d’essere dell’uomo; meglio lasciare perdere!
Pretendere una lettura umanizzata della vicenda di Oliservice è assurdo. Questi americani, fine 900, sapevano leggere bene i numeri del conto economico, confezionare “Subprime” oppure “Swap”, misurare tutto con parametri finanziari e monetizzare.
Nel merito è stata una tragedia: tutto fece parte di quella genialità che possiamo definire “capitalismo finanziario (c.f.) d’assalto”, calata in Europa/Italia e propinata come strategia, alle leve imprenditoriali ….democratiche!
In sintesi: fuori dalla fabbrica il lavoro, (capitale umano e asset), dentro la fabbrica la finanza “Crematistica”…. e non vado oltre!
Nel seguito, della vicenda, qualcuno è passato alla raccolta del denaro e ha dismesso i resti ad altri, e così via…E’ il modello americano. La più grande Democrazia (imperfetta)….che in realtà ha tutti i connotati dell’ Oligarchia.
Enzo Ti Auguro un Buon 2024
Un caro Saluto
Giorgio M. Omenetto
Giorgio Omenetto : il Pioniere del TPM !
Ciao Giorgio, come stai ? E’ un grande piacere risentirti dopo tanto tempo.
I colleghi/amici che hanno avuto la compiacenza di commentare il mio articolo, mi hanno portato indietro nel tempo, ognuno di loro mi ha lasciato dei ricordi personali che ancora oggi conservo.
Per me la parte più bella è stata : incontrare tanti vecchi amici che la sorte ha disperso.
Mi ricordo la prima volta che ti ho incontrato. Tu eri un venditore di razza catapultato in un mondo astruso (il Service) nel quale, un po’ spaesato, cercavi di raccapezzarti. Mi raccontasti la tua storia professionale e mi dicesti : “Se devo vendere Servizi, aiutami a capire tutto sul Service”.
Siamo partiti da lì e da zero abbiamo creato, insieme a tutti gli altri, una macchina che nell’arco di pochi anni è diventata il leader Europeo dei Servizi IT.
Ho colto nel tuo scritto un misto di amarezza e di dispiacere, più che condivisibile, per la vicenda OLSY/OLISERVICE … ci mancherebbe altro non essere d’accordo …
Dopotutto nella nostra vita aziendale, di cose ne abbiamo viste e fatte tante, tanti sforzi contraccambiati da tante soddisfazioni , tanti bei momenti condivisi con la squadra di colleghi di cui facevamo parte.
Per questo personalmente preferisco dare meno spazio ai risentimenti e mantenere i ricordi migliori del passato. Probabilmente sarà una scelta opportunistica che fa soffrire un po’ meno ma ….. alla nostra età credo che ce lo possiamo permettere.
Caro Giorgio, ti ringrazio per avermi dato l’occasione di ricordare un bel periodo trascorso con te.
Ciao. Enzo