Il professor Perotto
Forse in sintonia con i perforatori di schede, che facevano buchi rettangolari, a Ivrea Gassino aveva fatto un lettore di banda di carta con buchi quadrati. Al posto dei lettori di schede, costosi e ingombranti, questo lettore doveva servire a caricare nella nostra macchina molti dati abbastanza rapidamente. Però il mercato era ancora pieno di lettori di schede, perciò per motivi di compatibilità si doveva anche convertire la banda perforata tipo Olivetti in schede tipo Bull o IBM; questo convertitore lo progettava il prof. Perotto.
Le perforatrici Bull richiedevano una certa energia ai punzoni e per fornirla furono usati dei “tyratron”, tubi elettronici in atmosfera di gas, che funzionavano da interruttori, ma senza parti in movimento. Ovviamente producevano molto calore come tutti i tubi elettronici. Erano stati montati su un pannello rettangolare, una specie di vassoio messo nella parte alta del governo elettronico e sopra, a completamento dell’armadio disegnato da Sottsaz, c’era un coperchio fatto a scatola, di colore blu. Il tutto era alto poco più di un metro e si poteva essere tentati di appoggiarci sopra qualcosa, ad esempio una mano. Questo coperchio, invece, si scaldava tanto da poterci cuocere le uova. La macchina fu esposta allo SMAU, il salone delle macchine per ufficio, dove veniva propagandata la peculiarità, a quel tempo tutta Olivetti, di fare unità elettroniche solo a transistor, perciò non si doveva sapere che sopra al governo elettronico, che veniva mostrato con orgoglio ai potenziali clienti, c’era questo singolare fornello. Naturalmente non era la macchina definitiva; perché quella che sarebbe stata messa sul mercato avrebbe usato transistor di potenza, che al momento di quello SMAU non erano stati disponibili, ma nel settore commerciale si è giustamente portati a lanciare il cuore di là dell’ostacolo. Per questo, un addetto in camice bianco stava sempre in piedi affianco al governo per impedire che qualcuno, ad esempio un giornalista, toccasse il coperchio dell’unità e così smascherasse l’inghippo.
Dopo questo exploit Perotto si mise a progettare una macchina fantastica che precorse i tempi: la Programma 101.
L’idea fu di fare un calcolatore elettronico abbastanza piccolo da stare su una scrivania e essere adibito a fare calcoli scientifici o tecnici, ad esempio quelli delle strutture in cemento armato. Aveva una stampantina incorporata e una scheda magnetica rettangolare per fare da memoria di massa e data entry. La RAM era del tipo magnetostrittivo, fatta con un anello aperto di filo di acciaio armonico. I dati s’introducevano da tastiera o da scheda magnetica e per semplici rappresentazioni grafiche era previsto un plotter come unità periferica per disegnare. Si programmava in Basic (vedi i commenti più sotto) perciò richiedeva una certa conoscenza di tale linguaggio, ma esistevano anche applicativi disponibili su scheda magnetica.
Non so se ho descritto bene o male questo gioiello incompreso; quello che poi si è capito è che grazie a Perotto l’Olivetti aveva realizzato il primo Personal Computer della storia, molto prima di Steve Jobs nel suo garage in California, ma nessuno se n’era accorto. Il fatto è che ai tempi non esisteva ancora una ragionata strategia di marketing e si andava più a senso, secondo l’estro e la sensibilità dei progettisti o dei venditori, che spesso contrastavano. Così si progettavano prodotti che poi si dimostravano del tutto inutili, e a volte altri che avrebbero potuto sfondare in settori innovativi del mercato, ma non c’era nessuno che fosse capace di prevederne gli sviluppi.
Qualche anno fa se ne andò anche Perotto e io partecipai al suo funerale al cimitero di Cavaglià, sua cittadina piemontese di origine. Io lo ammiravo molto e gli preconizzavo sempre un futuro monumento nella piazza del Municipio di Cavaglià ma lui, che era un tipo schivo, si faceva una bella risata dietro la sua barba e passava via. Dopo la sua morte raccolsi anche delle firme perché il Sindaco dell’epoca provvedesse a fare questa statua; sarebbe bastato anche un semplice mezzo busto, ma non ebbi risposta. Bisogna capire: Cavaglià era allora un paesino del vercellese dedito a produrre riso e meliga e ad allevare animali, perciò non era ancora in grado di valutare l’onore che il prof. Pier Giorgio Perotto aveva fatto alla sua terra.
Un giorno o l’altro dovrò passare per Cavaglià per vedere se per caso un nuovo sindaco più al passo coi tempi una statua gliel’abbia davvero dedicata, almeno ora che grazie al Web la cultura informatica è diventata molto pervasiva, certamente anche tra le risaie e nelle stalle del vercellese. ** segue
Una piccola precisazione:
Magari la P101 avesse avuto il Basic! …Con le magre risorse permesse dalla tecnologia del tempo la P101 aveva in tutto una memoria di 128 caratteri numerici (di 4 bit più due di servizio), per contenere sia i dati che il programma; ogni istruzione corrispondeva ad uno di questi caratteri ed era direttamente introdotta con uno o più tasti.
Nonostante questo limite la P101 era un fantastico strumento di calcolo, per la prima volta direttamente disponibile sulla scrivania. Un’esperienza di qualche settimana d’uso nel 1967 mi insegnò che far entrare nella P101 programmi per calcoli sempre più complessi era una sfida entusiasmante. In quell’occasione ad esempio scoprii che iterando una sequenza di due soli comandi, radice quadrata e moltiplicazione, potevo estrarre una radice cubica, per non parlare di tanti altri trucchetti..
La tecnologia ha poi messo a disposizione i Kappa, i Mega, i Giga…mandando in museo rapidamente ogni oggetto innovativo come la P101; rimane la soddisfazione di ricordare.
Mauro Caprara
Il commento di Caprara mi ha fatto sorgere qualche dubbio e ho pensato di chiedere lumi a Gastone Garziera, uno dei protagonisti del progetto, che ancor oggi si può ritrovare spesso al Museo Tecnologic@mente di Ivrea, chino su una vecchia P101 senza “cofano” nel tentativo di farla ripartire.
Caro Gastone, quando hai tempo, vai per favore a leggere il capitolo su Perotto dei “Ricordi di Beppe” ed il commento di Caprara. Guardando la letteratura abbondante sulla Programma 101 non ho individuato un nome significativo per il linguaggio di programmazione. Nel libro di Perotto sulla P101 lui scrive:
La creazione del linguaggio, ossia del sistema di programmazione, fu la parte più delicata. Non era possibile certo prendere a modello i linguaggi-macchina dei calcolatori esistenti, che non potevano essere usati dagli utenti non specialisti ai quali pensavamo di indirizzare il prodotto. Dovevamo inventarne uno nuovo. Provando e riprovando, venne fuori un semplicissimo sistema di sole 16 istruzioni, estremamente intuitive, con le quali compilare un programma equivaleva all’incirca a scrivere la formula matematica delle operazioni da eseguire. Una specie di ” Basic “[2] ante litteram.
Questo può aver indotto Calogero ad utilizzare il termine Basic. Possiamo utilizzare nella correzione del testo “un linguaggio di programmazione simile all’Assembler, ma più semplice” oppure “un facile linguaggio di programmazione basato su 15 istruzioni elementari di significato intuitivo”? Oppure ci suggerisci altro?
Ed ecco la risposta di Garziera:
Mi sembra più appropriata la seconda definizione. Di fatto si tratta di un linguaggio simbolico, costituito da 15 (16) simboli e altrettanti codici, associati a 15 (16) tasti, che la macchina sa eseguire tanto in assetto manuale quanto in sequenze di programma. La P101 ne usa 15, mentre la P102 e la P203 usano una istruzione in più per comunicare con la macchina da scrivere (P203), o con apparecchiature esterne (P102).
La parola “ASSEMBLER”, mi sembra non sia tipicamente associata ad un insieme di simboli-codici univoco, e fa pensare alla necessità di qualche strumento di “traduzione”, (l’ ASSEMBLATORE). Nel linguaggio della P101, con l’introduzione del “Salto” a “Riferimento” abbiamo eliminato la necessità di fare qualsiasi calcolo di indirizzo associato ai salti, ed anche a fronte di modifiche del programma, di fatto il codice è autorilocante.
Ho letto con piacere anche il commento di Mauro Caprara, che al tempo della P101 vedevo discutere a lungo con Pistelli, avanti e indietro per i corridoi di Pregnana. Devo solo rettificare i dati quantitativi riportati. La P101 ha una memoria costituita da 10 registri di 24 caratteri di 8 bit,(240 caratteri, 1920 bit). Tanto le istruzioni, quanto le cifre numeriche occupano un carattere ciascuna (in bit: 4 di codice + 4 di indirizzo per le istruzioni, 4 di codice + 4 di servizio per le cifre). I programmi possono essere lunghi al massimo 120 istruzioni (5 registri), che è anche la capacità della cartolina.