di Gianni Di Quattro
Della storia Olivetti se ne è parlato tanto, se ne continua a parlare e se ne continuerà a parlare, almeno io credo. Troppo importante è stata nel panorama industriale del secolo passato, troppo originale e colta rispetto alla cultura dell’epoca, troppo importante per la focalizzazione di alcuni aspetti imprenditoriali e la loro relazione con la società e i territori. Naturalmente la Olivetti, la madre di tutte le Olivetti, quella che è davvero l’impresa originale e straordinaria di cui si parla, è quella di Adriano Olivetti. Dopo la sua scomparsa, le vicende si sono succedute in modo disordinato anche se non era facile dimenticare le impronte del pensiero di Adriano, sino ad arrivare alla ultima Olivetti, quella di Carlo De Benedetti, che aveva poco in comune con quella di Adriano e che ha avuto la responsabilità storica di accompagnare una delle più grandi aziende del mondo verso la sua fine, la sua chiusura. Ponendo così fine ad un pezzo di storia di questo paese e ad una esperienza straordinaria sul piano soprattutto umano.
Gli uomini della Olivetti, soprattutto i più antichi, quelli che hanno potuto vivere in tutto o in parte la Olivetti di Adriano o comunque le prime fasi dopo la scomparsa di questo geniale imprenditore, fanno parte di una categoria di persone privilegiate, del tempo di quando la selezione dei collaboratori aziendali era particolarmente attenta non solo alle competenze e alla professionalità, ma anche alla umanità, alla cultura, alla curiosità ed alla voglia di vita. Questo spiega, almeno in gran parte, il perché tanti di quelli sono diventati amici, perché fra tanti si sono stabiliti rapporti di simpatia e di stima reciproca. Questo spiega perché i rapporti di amicizia e di vicinanza in Olivetti, in tutte le fasi di Olivetti, sono state molto diffuse e spesso intense, certamente la cultura e l’umanità che erano presenti non sono stati fattori ininfluenti.
Per questo la storia dell’azienda è attraversata da straordinari personaggi, in una misura quantitativa e qualitativa molto rara. Per questo è rimasto tra la gente Olivetti un comune denominatore che continua ad emergere anche nel tempo, continua a rappresentare un legame umano prima ancora che culturale e professionale. Per questo tanta gente anche se ha vissuto poco in Olivetti e poi ha raggiunto vertici professionali importanti altrove, è comunque rimasta legata alla Olivetti e parlando con loro si capisce che considerano la esperienza Olivetti la loro più importante e quella più condizionante di tutto il loro percorso successivo. La Olivetti, dunque, tra le altre cose, ha creato la gente Olivetti. Se ci pensiamo bene e se pensiamo all’epoca in cui Adriano costruiva la sua Olivetti, dobbiamo ammettere che è straordinario.
Caro Gianni, ho avuto la fortuna di entrare in Olivetti nel 1983, cioè era debenedettiana , ed ho sempre apprezzato i valori umani e societari che spesso si citano in questi post. Non credo di essere all’altezza di giudicare il pre e post Adriano, ma anche nella seconda vita olivettiana, cioè con gestione debenedettiana, a me le persone dell’azienda e la cultura, da giovane emigrato dal sud ad Ivrea, hanno dato tantissimo. Ne approfitto, pur se in ritardo, di augurare Buona Pasqua fatta e Pasquetta in corso.
Concordo in pieno con Mario.
Anche io sono entrato all’inizio dell’epoca debenedettiana, nel 1986, ed ho respirato, alla R&D PC, un’aria di innovazione e di iniziativa che sarà forse stata poca cosa rispetto a quella della “vera” Olivetti, ma che nella mia carriera non ha avuto eguali nel resto “Grande Industria” italiana.
Beato chi ha conosciuto ancora di meglio!
Ricordo comunque che non è stato De Benedetti a cancellare Olivetti dal registro delle imprese della Camera di Commecio, ma Tronchetti Provera.
Auguri di buona Pasquetta a tutti
Caro Gianni,
è vero, esiste una gens Olivetti e sento di farne parte. Fui assunto nel 1959; colloquio con Furio Colombo e Felicioli a Milano, assunzione a Ivrea con Tufarelli e anche 10 minuti di colloquio con Adriano.
Poi un lavoro entusiasmante con Mario Tchou. Nel ’64 addio Olivetti, la Divisione Elettronica diventa General Electric e poi Honeywell. Rimango lì per molti anni e poi altre esperienze. Ma quegli anni rimangono indimenticabili e hanno sempre contato molto nella mia vita non solo professionale.
Ho iniziato a lavorare in Olivetti nel 1987 nel marketing a Roma. Il mio ufficio era dislocato al I piano della sede di via Zanardelli, tuttora sede della Fondazione Adriano Olivetti, dove salivo spesso a leggere i Quaderni, grazie anche ai buoni uffici di Franco, l’anziano portiere di cui ricordo ancora la profonda umanita’. E’ lì che ho iniziato a respirare l’atmosfera “olivettiana” di Adriano che ancora aleggiava e ad interessarmi di sociologia e filosofia oltre che di informatica. Credo di aver vissuto l’ultimo scorcio della cultura da lui emanata ancorché in piena era debenedettiana. L’Olivetti era in pieno ricambio generazionale e la “vecchia guardia” stava ormai lasciando per aprire gli spazi alle nuove leve. Dietro le scrivanie campeggiavano ancora le foto di Adriano, sopra, le “vecchie” Divisumma e alle pareti i poster che adesso fanno parte delle collezioni dell’Archivio Storico. Ad Ivrea, vedevo gli studenti, figli dei dipendenti, pranzare nelle mense aziendali insieme ai lavoratori ed ai dirigenti, in un clima di armoniosa comunita’. Nel giro di due o tre anni sarebbe poi tutto definitivamente sparito e sono sempre piu’ consapevole di aver avuto la fortuna e l’onore di aver vissuto un importante pezzo di Storia. Sicuramente non posso giudicare il pre e post Adriano ma sicuramente c’e’ stato anche un pre e post muro di Berlino che ha cambiato il mondo.
Egregio Gianni Di Quattro, un bell’articolo il tuo, io sono entrato in Azienda nel 1970 ed ho conosciuto sia la realtà pre-De Benedetti che post.
Quando entrò l’Ingegnere nel 1978 l’Azienda era prescochè ferma all’elettromeccanica , nel 1978 s’introdusse la linea macchjne per scrivere elettroniche ET , si progetto l’ingresso nel settore PC prima con l’M20 e poi con il compatibile IBM M24, si avviò e si consolidò un aumento di capitale, il valore delle le azioni decuplicò dalle 1000 lire nominali a circa 9 mila e questa situazione rimase florida fino al 1988 circa, fino a quando un nuovo soggetto concorrente finanziario non irruppe sulla scena prima solo economica con l’impatto delle televisioni e imperi della carta stampata in cui l’Ingegnere era parte in causa, e poi successivamente , pochi anni dopo, anche in politica e all’Olivetti fu fatta terra bruciata intorno attraverso anche una campagna scandalistica e calunniosa sulla validità delle sue forniture, soprattutto allo Stato.
Ma l’ing. De Benedetti insieme ad Elserino Piol aveva intravvisto il declino all’orizzonte e riuscirono malgrado i detrattori a creare le basi della riconversione, con internet ai primordi ( mossa azzeccata) , dando vita alle società di telefonia mobile Omnitel e fissa l’Infostrada ; Tuttavia De Benedetti fu estromesso nel 1986 con lo spacchettamento della DCI ( Divisione Commerciale Italia) creazione Olivetti Solutions poi , in otto anni, Wang Global, Getronics, Agile. poi il nulla …. e i nuovi gioielli furono dismessi per fare cassa dalla cordata dei cosiddetti “Coraggiosi Capitani d’Industria” -espressione dalemiana – con a capo Colaninno , anticipando così la fine della Ing. C, Olivetti & C., S.p.a, che quattro anni più tardi fu inglobata in Telecom attraverso un finto acquisto in cui s’era fatto paventare che era la Olivetti che comprava Telecom , ma fu il contrario attraverso un raggiro in cui l’acquirente ( Olivetti) pagava con i soldi dell’acquistato (Telecom) .
Pertanto ecco la tua imprecisione : non fu l’ing. De Benedetti a cessare l’Azienda tra gli anni 1999-2000.
Sono entrato in Azienda nel 1963 come commerciale.
Nel 1973, dopo una serie di mansioni fra tecnico programmatore e commerciale, sono approdato in Ivrea.
L’elettronica esisteva gia’.
Forse le esperienze ed i punti di vista sono condizionati non solo dagli anni in cui si è entrato in azienda ma anche dai luoghi in cui si è operato.
Trovo alcuni commenti alquanto imprecisi
Caro Gianni,
prima di tutto, grazie. Grazie per la sensibilità con la quale svegli la nostra memoria. Sono stato assunto alla Olivetti nel novembre 1956 dopo aver partecipato ad un corso a Villa Natalia a Firenze. Già l’atmosfera di questo corso chiariva che si entrava in un’azienda come non ne esistono più: aveva un’anima!
Pochi anni dopo ci siamo conosciuti a Palermo dove entrambi lavoravamo. Ricordo che, pur non avendo contatti di lavoro, ci incontravamo con simpatia spontanea: era l’ambiente positivo che la suggeriva.
Oggi, purtroppo, siamo in un mondo che non comprendo.
Un abbraccio, Mario
Caro Gianni,
concordo in pieno con quanto da te scritto e ribadito da Gian Carlo Vaccari.
Anch’io sono stato assunto nel ’59 e quando mi sono presentato al Laboratorio di Borgolombardo fui accompagnato dall’ing. Tchou. Io non avevo alcuna idea di chi fosse ma doveva essere sicuramente uno importante. Avevo 19 anni e quindi ero un po impacciato. Lui lo capì subito e fu abilissimo nel mettermi a mio agio parlando del più e del meno, informandosi sui miei studi ecc. Poi mi chiese se preferivo un lavoro da tecnico commerciale o da programmatore. A sentire la parola commerciale mi vennero i sudori freddi perché, ancora oggi, io non sono un abile compratore e tanto meno un venditore. Quindi chiesi il significato dell’espressione “tecnico commerciale” e lui mi chiarì che il tecnico commerciale era il tecnico che operava presso il Cliente e che, quindi, oltre al lavoro di tecnico svolgeva anche, con il suo comportamento, la “vendita” dell’immagine della Società. Questo mi confortò e decisi di accettare la mansione tecnica che era quella che mi si confaceva di più. Poi, nell’arco di pochissimo tempo, perdemmo le due colonne portanti della Divisione Elettronica e il resto non fa più parte della Storia, ma è più semplicemente cronaca, e nemmeno rosa.
Noi, vecchie cariatidi, abbiamo il dovere di mantenere e divulgare la memoria di quello che era la vera Divisione Elettronica.
Un abbraccio a te.
Naturalmente l’articolo di gianni e’ molto valido. Adriano ha creato una azienda modello che mi ha impatatto fin del primo giorno in cui comminciai a lavoraci,gennaio 1974. Non e’ necessario dire quanto bella ed innovativa era l’olivetti di adriano.
Comunque penso sia un errore cercare di beatifficare Adriano.
Lui ha fatto un errore micidiale, indegno del visionario come viene qualificato da tanti. Mi riferisco all’acquisto assurdo e mal ispirato della underwood americana. Olivetti acquisto una azienda quasi moribonda tecnologicamente senza futuro e caricandosi con debiti che basicamente sono la causa dell’uscita dell olivetti del futuro del panorama industriale italiano e l’inizio della sua decadenza come azienda innovativa nel campo dell’elettronica di consumi.
Situazione che solo fu interrota per 10 anni dopo l’ingreso in azienda di carlo di benedetti che un po ingiustamente viene accusato della sparizione dell’azienda.