di Gianni Di Quattro

Certo io amo parlare, e con me tanti amici e vecchi compagni di lavoro, di una azienda che nel secolo scorso è stata all’avanguardia, ha anticipato tanti principi e valori, che, in modo anche prepotente, stanno persino tornando a riempire l’attualità. Perché parlare di Olivetti è anche il modo per capire il passato e focalizzare temi importanti come il valore delle risorse umane in una azienda, la gestione di una iniziativa nel settore della tecnologia, che cosa può significare la bellezza e la cultura in una azienda, come costruire la internalizzazione di una impresa.

Riunirsi con vecchi amici con i quali si sono condivisi lavoro e ambiente, speranze e momenti di vita, è dunque bello perché possiamo parlare di Olivetti e perché Olivetti è stata la nostra azienda, è il filo rosso che ci unisce.

Tuttavia, forse bisogna essere ancora più sinceri.

Voglio dire che il piacere di incontrarsi va al di là del filo rosso Olivetti che ci unisce, è il nostro senso di umanità che è particolarmente sollecitato. Quando gli anni passano, e purtroppo a me pare che continuino a passare sempre più velocemente, sono due cose che contano e cioè i ricordi e gli affetti, cioè le amicizie, a parte i compagni di vita. Le amicizie rappresentano i pezzi, i mattoni, veri della nostra vita ed è proprio per questo che veniamo assaliti da un grande dolore quando uno di noi sparisce o precipita in un tunnel di malattia che lo porta in pratica lontano dal mondo.

In altri termini, voglio dire che quando ci incontriamo è un piacere ritrovarsi a prescindere e consideriamo la Olivetti solo la occasione che ci ha fatto incontrare, l’opportunità che abbiamo avuto per creare la nostra amicizia, per fare cose insieme, magari per tanti anni condividere la quotidianità e la speranza, il piacere e l’interpretazione della vita.

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