di Gianni Di Quattro                                     

Ivrea e la sua gente hanno rappresentato sicuramente un aspetto importante per la Olivetti nella prima parte della sua vita, quando è stata creata da Camillo Olivetti, e nella seconda parte quando la prese in mano il figlio Adriano che la rese una azienda internazionale, diversa e bella. Dopo Adriano il suo ruolo è stato contaminato da voglia di predominio, da assenza di voglia di ascoltare, da una grande autoreferenzialità, da una illusione senza limiti e che la ha guidata sino alla fine.

Ivrea è stata la sede della progettazione e della produzione dell’azienda sempre; il settore tecnico, che aveva un ruolo predominante nel periodo di Camillo, un ruolo un po’ meno predominante durante il periodo di Adriano che aveva capito che una grande azienda, soprattutto internazionale, aveva bisogno di efficienza tecnica e tecnologica, ma anche di una grande organizzazione commerciale e distributiva. Adriano aveva capito che il talento, il potere non poteva essere da una sola parte e il suo carisma è stato determinante per mettere un freno, un equilibrio alle mire di comando del settore tecnico, di Ivrea come si è sempre detto per indicare il settore, su quello commerciale.

Non vi è dubbio che l’ambiente di Ivrea ha rappresentato per Olivetti il più adatto per sviluppare soprattutto nella prima parte del suo percorso una ricerca ed una supremazia tecnica che è stata fondamentale per la vita dell’azienda.  Possibile evidentemente grazie ad un personale capace e con voglia di imparare, dedito alla azienda, una organizzazione precisa e amichevole, una struttura edilizia facile, comoda, bella, una natura che compensava qualsiasi impegno. Ivrea, soprattutto con Adriano, è stata capace anche di attirare molti talenti che hanno contribuito in modo significativo allo sviluppo della impresa e non solo sul piano tecnico. Naturalmente grazie anche alla visione di Adriano che cercò di realizzare attorno alla fabbrica, nel territorio, un ambiente culturalmente avanzato, una attenzione alle esigenze dei dipendenti sconosciuta nel panorama industriale del paese, un clima aziendale straordinario per innovazione e umanità. Vivere a Ivrea era come vivere nel mondo, con il vantaggio di vivere una vita gradevole in una dimensione umana.

Dopo la morte di Adriano l’azienda è diventata diversa, anche se per un certo periodo sul piano formale nulla sembrava cambiato. Intanto, è opportuno precisare che il potere in azienda dopo Adriano e dopo un breve periodo, durato quattro anni, in cui il potere con molte limitazioni è stato nelle mani di Giuseppe Pero prima e di Roberto Olivetti poi, l’hanno avuto Bruno Visentini, Presidente designato dal gruppo di intervento, e poi, da quando gli è stata venduta, Carlo De Benedetti.

Quello che è importante notare come dopo la morte di Adriano, il potere di Ivrea, e cioè dei settori tecnici che avevano grande influenza anche su quelli centrali amministrativi e del personale, si è sempre più rafforzato.  Sotto la gestione di Visentini e poi dello stesso De Benedetti, il settore tecnico, Ivrea, ha influenzato tutte le decisioni dell’impresa, direttamente o attraverso i responsabili di altre funzioni di rilievo come quella amministrativa e del personale.

È stato fatto fuori Ugo Galassi, relegato alla produzione per toglierlo dal settore commerciale, il suo settore, e metterlo in condizioni di andarsene. È stata fatta fuori Marisa Bellisario, l’artefice sotto la gestione di Ottorino Beltrami della trasformazione in cinque anni della azienda da meccanica in elettronica, mandata fuori da Ivrea, in America, e messa nelle condizioni di andarsene. È stato sempre messo in difficoltà Elserino Piol, che a Ivrea a fare il marketing l’aveva voluto Roberto Olivetti, e alla fine anche lui è stato mandato in America. Altri esempi, più o meno illustri, si possono fare. Ma Ivrea dettava la strategia, decideva su investimenti e prodotti, come quando decise su una nuova serie di minicomputers, mentre questi uscivano dal mercato a vantaggio dei personal computer e aziende illustri ne pagavano le conseguenze come la Digital, e su un software proprietario, mentre la stessa IBM che su questa politica ci aveva campato decenni (dai tempi dell’unbunding), cambiava strategia rendendosi conto che il mercato non accettava più vincoli di questo genere. Questo ultimo episodio è costato una enorme quantità di denaro all’azienda, senza considerare il mercato perso e il tempo sprecato. Quanto ha influito questa vicenda sulla fine dell’azienda nessuno lo ha mai calcolato, ma forse non è stata ininfluente.

Il problema vero è che, dopo Adriano, la Olivetti è diventata una azienda normale con lotte di potere e interessi di parte, con Ivrea che cercò sempre e riuscendoci a dettare strategie e ritmo. Nessuno del management che la ha gestita è riuscito a capire cosa era la Olivetti di Adriano, perché era una azienda unica al mondo e di successo. La Olivetti era un insieme di valori integrati che riguardavano il mercato, la cultura e la bellezza e che, grazie a questo, si poteva permettere una piattaforma tecnica di qualità. In altri termini, la Olivetti era una cosa vicina al mercato e per esserlo sapeva relazionarsi con esso, utilizzando talenti, cultura e coinvolgimento dei clienti in un percorso di bellezza e che era anche tecnicamente all’avanguardia. Per questo Adriano spingeva sul suo modello, sulla sua visione, mentre si rendeva conto che doveva investire nella distribuzione internazionale e nella tecnologia, magari portandola fuori da Ivrea come è stato per l’elettronica poi venduta dopo la sua morte. Questo è quello che la Olivetti del dopo Adriano non ha mai capito, questo è quello che il management non ha mai percepito professionalmente, umanamente e culturalmente.

Questa è la vera ragione intima, al di là degli errori e di persone inadeguate che hanno avuto responsabilità, per cui l’azienda è finita. Il vero motivo per cui il sogno di Adriano si è fermato, nessuno è stato capace di raccoglierne l’eredità. Lo avrebbe potuto fare suo figlio Roberto, ma non è mai stato messo in condizione di poterlo fare e alla fine lo hanno pure allontanato.

 

 

 

 

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