di Gianni Di Quattro
Gruppi spontanei, associazioni storiche, una Fondazione e tante iniziative locali non rilevate, costituiscono una rete di ex dipendenti, di amici, di chi ama ricordare storicamente, socialmente e culturalmente la Olivetti, con particolare riferimento al periodo di Adriano Olivetti.
È passato tanto tempo dalla morte di Adriano, la Olivetti, la sua Olivetti, per qualche decennio è sopravvissuta, contando sulle strutture, sui valori, sulla qualità aziendale, ma avviandosi, seppure lentamente, almeno all’inizio, in un percorso di spegnimento che la ha portata alla fine nelle mani di chi l’ha utilizzata per fare i propri affari. Dalle stelle alle stalle come si usa dire, ma come è successo a tante iniziative imprenditoriali nel mondo che in qualche modo sono ad un certo punto finite nelle mani o di incompetenti od ancora di speculatori.
Ma nella storia del paese così come nel cuore di tante persone la Olivetti, soprattutto quella di Adriano ma anche quella successiva che in qualche modo la ricordava, le tracce di questa iniziativa che non solo fu imprenditoriale, ma anche sociale e culturale, intelligente e innovativa, sono rimaste. Questo giustifica il piacere di tante persone non solo di stare assieme, ma di riconoscere valori, esperienze e magari confrontare opinioni. Per questo esistono tante iniziative che si richiamano alla Olivetti e che sono per lo più composte da chi ha vissuto in tutto o in parte questa storia unica nel panorama del nostro paese, ma non solo, nel secolo passato.
È vero che per ogni grande azienda, questo fenomeno che si manifesta creando gruppi di ex dipendenti che si riuniscono, è abbastanza diffuso. Ma costoro lo fanno soprattutto per ricordare e magari per fare insieme cose, come gite, viaggi o pranzi, approfittando della comune conoscenza cementata da condivisioni di periodi della propria vita. Nel caso dei gruppi che si richiamano alla Olivetti, c’è qualcosa di più, il piacere di avere vissuto un momento storico unico, di avere partecipato ad un percorso pieno di bellezza e di umanità. C’è l’orgoglio di avere visto da vicino come si può essere diversi, vivere un ambiente speciale, imparare ad amare la bellezza, il lavoro come impegno umano e non solo come mezzo per vivere.
Io penso che sarebbe bello se tutte queste iniziative che si richiamano alla Olivetti si mettessero insieme per costituire una forza interessante nella società e che potrebbe fare di più di quanto possono fare ora i vari gruppi isolatamente. Una forza che avrebbe un valore non tanto per ciascuno di chi vi fa parte, ma anche per chi ne ha sentito parlare o per chi ha voglia di sentirne parlare. Probabilmente gli ostacoli più grossi per questo obiettivo sono gli uomini, perché ciascuna iniziativa ha un gruppo che la cura e la gestisce e che non sarebbe, ci si può scommettere, disponibile a rinunciare al proprio ruolo e al proprio modo di essere, alla connotazione che ha dato al gruppo. Poi magari ci sono altri legami e in qualche caso sponsor storici.
È vero tutto questo lo so e so anche che questa ipotesi è una utopia, ma dico lo stesso che è un peccato, lo dico in nome e in forza di un grande attaccamento alla Olivetti intesa non solo come l’azienda in cui ho lavorato una vita, ma come un fenomeno sociale, politico, culturale e, soprattutto, umano di grande rilevanza.
Mi sembra una idea ottima, anche se certamente non di facile realizzazione.Se non ricordo male, però, eravamo sparsi per il mondo a proporre sistemi di informatica (intelligenza) distribuita, immaginando e realizzando strutture a rete in opposizione alle strutture a piramide: perchè non provarci con le nostre Associazioni di Olivettiani? Oggi i mezzi di comunicazione sono alla portata di tutti, ci unisce il linguaggio, l’idea di Azienda e non ci siamo mai tirati indietro anche quando affrontare un mercato dominato da colossi molto diversi da noi, poteva sembrarci una utopia. Vamos entonces!
Caro Gianni,
intanto grazie per i sempre bei momenti che ci fai passare leggendoti.
Sì, forse è un’utopia, ma anch’io, che pur non avrei saputo esprimere con tal chiarezza l’dea, mi sono spesso trovato a pensare che tutti questi gruppi, fondazioni, iniziative, eventi, ritrovi, ecc. ecc. che non hanno alcun denominatore comune, se non ovviamente il nome Olivetti.
Solo su Facebook ci sono diversi gruppi, separati tra loro, Olivetti io c’ero (4406 membri), Grazie Olivetti (7867) e poi Comunità Olivetti Roma, Olivettiani Napoli, ecc. Questi gruppi non costituiscono quella “forza interessante” che auspichi, ma sono “solo” un modo di ritrovarsi insieme, virtualmente o a volte fisicamente, per il piacere di ricondividere momenti indimenticabili della propria esperienza di lavoro e di vita. Gruppi non certo aperti alla comunità esterna, che non comunicano nulla di ciò che auspichi.
Da diversi anni però è un crescendo di notizie che riportano una rinnovata consapevolezza di quello che abbiamo perduto, quando la nostra Azienda si è dissolta nel nulla. Una sempre maggiore sensibilità della società in generale verso i temi che furono qualificanti della storia di Adriano, della “sua” Olivetti e di quella che la seguì (in parte come dici), la sostenibilità delle imprese, il welfare, una ritrovata etica imprenditoriale in certi fortunati contesti, hanno indirettamente generato una nuova linfa vitale per i “nostri” valori.
E allora forse la tua non è un’utopia; certo, hai come sempre visto giusto, l’ostacolo sarebbero gli uomini, un’unica grande aggregazione metterebbe in luce alcuni, in ombra altri, ma se i migliori…ancora con grinta…(ti lascio indovinare a chi penso…) se volessero impegnare, molti li seguirebbero. E poi altre forze sane “esterne” potrebbero, dovrebbero, dare un contributo, e certo ce ne sarebbe un gran bisogno, per generare quel “fenomeno sociale, politico, culturale e, soprattutto, umano di grande rilevanza” che sono quasi certo potrebbe essere raggiunto.
Forza Gianni, ancora un passo…
Daniel Molco
Caro Gianni,
intervengo solo per dire che hai sempre idee brillanti ma sono passati quasi settanta anni da quando ho avuto la gioia di entrare in Olivetti e godere di quell’armonia aziendale ed umana.
Prendere iniziative ad ottantotto anni non è facile. Sono già contento nel leggere tutti i vostri interventi.
Un caro saluto,
Caro Gianni, grazie per aver gettato un sasso nello stagno e riaperto un vecchio discorso che ricompare di tanto in tanto a distanza di anni. Obiettivo che, come tu tesso ammetti seppure con grande dispiacere, mi sembra impossibile da realizzare. Sono trascorsi troppi anni da quando le celebrazioni del centenario (era il 2008) hanno generato sulla rete e sulla carta stampata un profluvio di ricordi, storie, aneddoti, analisi. Molti i siti nati sulla rete e poi cristallizzati nel tempo o addirittura scomparsi. Molti i gruppi nati successivamente sulle reti sociali e quasi tutti dormienti o scarsamente attivi (una ricerca del nome Olivetti su Facebook dà risultati deludenti, un vero colpo al cuore!).
Fanno eccezione alcune iniziative storiche facenti capo al Canavese, come l’Associazione Archivio Storico, le Spille d’Oro e il Museo Tecnologicamente; con scopi diversi la Fondazione Adriano Olivetti a Roma e Ivrea.
Il resto giace sotto il peso degli anni dei pochi animatori sopravvissuti e della cappa funesta introdotta da questi anni di pandemia ….
L’unico tentativo che ricordi di mettere attorno ad un tavolo i principali gruppi interessati all’argomento è stato il convegno organizzato dall’Associazione Spille d’Oro ad Ivrea (11 novembre 2017) e oggetto di un articolo sul Notiziario n. 4 2017. Io avevo provocatoriamente sottoposto lo stesso tema ma senza ottenere commenti o reazioni.
Forse questa volta saremo più fortunati?
Siete tutti buoni amici pensando ai vecchi tempi di OLIVETTI. Anche io, da ex dipendente della HEWLETT PACKARD, poi ho operato ad Ivrea sotto la direzione di Mauro Ballabeni, conservo il ricordo delle piacevoli giornate di entrambe le attività. Grazie mille a chiunque scriva notizie da OLIVETTIANI.ORG.
Bobby Huffstetter
Non sarebbe male ridare lustro al Movimento di Comunità. Strano che nessuno ci abbia ancora pensato…Adriano Olivetti avrebbe tantissimo da dire e da insegnare ancora oggi.
Se io fossi un informatico, immaginerei l’utopia di Gianni Di Quattro come bootstrap di un processo di gestione delle relazioni, tra persone che non parlano la stessa lingua, necessarie a … citando da questo pdf di Mauro Ballabeni ….
coinvolgere le giovani generazioni, quelle ormai dei nostri nipoti, per raccogliere l’eredità di un nome di eccellenza che ha onorato il nostro paese: nell’innovazione di prodotto, nelle relazioni sindacali, nei rapporti col territorio, l’arte, la cultura.
Non sono un informatico. Non posso quindi proporre lo sviluppo di soluzioni algoritmiche per il problema descritto da Mauro Ballabeni, proposto anche da Galileo Dallolio come ricerca di superamento del danno creato dalla barriera che si è creata sul tema ‘comunicazione’ con le persone giovani.
Se potessi riattivare la mia esperienza di analista di sistema, presentata nel 1982 in tre colloqui, con la Direzione del Personale della Olivetti Systems & Networks, come contributo alla definizione di una strategia per i Sistemi Aperti, suggerirei la creazione di un ambiente per la gestione delle relazioni, tra persone di lingua e cultura diverse, progressivamente adeguabile all’ormai utopistico obiettivo di parlarne coinvolgendo le giovani generazioni.
Un mio eventuale, timido e maldestro, contributo verso quel tipo di meta. … sperando che l’editing di questo commento risulti privo di errori.