di Gianni Di Quattro
Tutto sta cambiando e più velocemente di quanto tanti se ne stanno accorgendo. L’impresa forse cavalca più di altri settori questo cambiamento: come sempre, infatti, gli imprenditori sono più pronti del resto della società ad andare incontro alle opportunità ed a rispondere alle esigenze che il mercato e le regole impongono.
Tanti nuovi valori stanno emergendo, senza i quali può diventare se non impossibile, certamente più difficile fare una impresa di successo. A partire dal legame con il territorio, partecipando con le autorità e gli altri operatori economici alla salvaguardia ed al ripristino delle condizioni ambientali del luogo.
Ancora di più rivedendo il rapporto con i collaboratori e i lavoratori tutti, considerati finalmente una risorsa, attuando politiche che consentano la loro integrazione con gli interessi dell’impresa da un punto di vista del trattamento economico, dei servizi messi a disposizione come facilità per il tempo libero, asili nido, biblioteche, manifestazioni culturali, servizi sanitari integrativi per ogni soggetto e per le loro famiglie.
In questi valori non esiste l’ipotesi di traslocare fabbriche o l’intera impresa in qualche altra parte del mondo solo perché in quel posto i lavoratori sono pagati meno, perché l’aumento possibile del profitto dell’imprenditore a breve si potrebbe tradurre nella fine anticipata della iniziativa e comunque sarebbe al di fuori di qualsiasi etica.
Ma altro sta diventando fondamentale per fare impresa competitiva, per avere una impresa che attiri buona manodopera e valido management: il valutare gli investimenti al fine di prevedere il percorso dell’azienda nel futuro, la ricerca continua dei talenti per garantire intelligenza, la formazione continua del personale, lo sviluppo della ricerca per progettare l’evoluzione dei prodotti e per la diversificazione che appare sempre più necessaria anche per l’integrazione dei sistemi distributivi.
In altri termini, sta morendo l’idea della impresa usa e getta con l’obiettivo del guadagno massimo nel breve a favore di un ruolo sociale della stessa che non può essere disgiunto da qualsiasi finalità economica e che rappresenta la condizione per il successo nel mercato. Stiamo parlando del futuro, un futuro che io penso più vicino di quanto tanti invece pensino possa essere. Forse per mancanza di visione o forse anche per scaramanzia e per un diffuso forte conservatorismo.
Ma tutto questo a me ricorda la Olivetti di Adriano, la prima impresa al mondo a capire questi valori e dalle cui esperienze sono poi nate pezzi di imprese moderne, alcune di notevole importanza, in USA e in altre parti del mondo. Basterebbe ricordare la processione dei tanti che venivano a Ivrea per cercare di sapere, per capire, per copiare. A quei tempi Adriano Olivetti, predicava questi valori, cercava di metterli in pratica nella sua impresa, nello stupore generale, nella incomprensione di tanti e nella opposizione dei poteri rappresentati dalla politica e dal sistema industriale dell’epoca.
La gente non riusciva a capire questo imprenditore visionario che considerava fare impresa un modo integrato con il sistema culturale del contesto e il suo sviluppo sociale, anzi un modo per migliorare l’uno e accentuare l’altro, e con la bellezza che l’uomo deve continuare a ricercare sempre. Spesso si capisce il futuro ricercando il cuore delle cose nel passato!
“Il futuro”
per essere migliore
deve
“avere un cuore antico”>
Ci sono diverse frasi, nell’ottimo testo di GDQ, che mi sembrano offrire l’opportunità di ripercorrerlo per arrivare a una conclusione sul futuro significativamente diversa.
Non credo si possa scriverne.