di Gianni Di Quattro
Dopo la maturazione il tempo che passa rende i fichi, questi frutti antichi e deliziosi, rinsecchiti, ma ancora dolcissimi e utilizzati in tante elaborazioni culinarie di pregio e di grande sapore. Anche gli uomini dopo la maturazione in un certo senso si rinsecchiscono ma conservano le capacità che hanno sul piano intellettuale e non è strano che spesso le amplificano liberati dai lacci e lacciuoli della attualità e dagli impegni correnti della vita.
Una metafora che si contrappone al tempo delle mele che si riferisce ai giovani ancora aspri, immaturi, che annaspano per cercare di trovare il senso e i valori della loro vita e per mettere a fuoco gli obiettivi che decidono di volere.
È vero che nel tempo dei fichi secchi non tutti gli uomini conservano le loro capacità intellettuali, ma la maggior parte lo fa e lo può fare solo se decide di farlo, solo se decide di non lasciarsi andare e di non tenere conto della strada più breve che ancora si deve percorrere per arrivare a toccare la transenna finale.
Le conquiste sanitarie, il miglioramento del tenore di vita nelle società occidentali, l’assenza proprio in questa area del mondo di guerre e, almeno sinora, di pestilenze che non hanno difesa hanno permesso di rendere la comunità dei fichi secchi sempre più folta. Ma non tutti i paesi, anche i più umani, utilizzano questi valori e la maggior parte di essi anzi si pone anzi il problema di dove relegare questi fichi secchi, di come mantenerli, di come evitare che la loro partecipazione alla vita politica e sociale li condizioni.
Io penso invece che sia bello ascoltare le esperienze di questi fichi secchi, di godere dei loro ricordi e dei loro racconti, di tenere conto dei loro suggerimenti e dei loro giudizi. E penso che tutte le società dovrebbero tenerne conto. Penso che sarebbe anche un grande rispetto della vita nel senso più ampio, in fondo i fichi secchi non solo hanno bisogno di pensioni, cioè di aiuti economici per sostenersi, ma anche di sentirsi parte integrante della comunità e tutti dovrebbero pensare che il traguardo di diventare fico secco è un bel traguardo e che ci si può arrivare tutti se si ha fortuna.
Una considerazione finale che però ha la sua importanza umana e culturale e rappresenta un grande sostegno per un fico secco per percorrere la strada che gli rimane da fare, è che il grande valore dei ricordi, del percorso della propria vita quando è stato ricco è un aiuto straordinario, il migliore.
Io penso a me stesso, alla Olivetti dove ho lavorato per vari decenni, dove ho conosciuto e fatto cose importanti, utili ma anche belle, dove ho conosciuto amici ed emozioni, dove ho imparato le cose che mi hanno aiutato a vivere, dove ho conosciuto il mondo. Dove, infine, ho imparato che non si può vivere senza valori, senza sapere, senza sentimenti, senza bellezza.
E se serve sono pronto a raccontarlo ai giovani che hanno voglia di ascoltare un fico secco.
……se fossi in te ci scriverei un libro intitolandolo : “La storia di un fico secco “……
Ciao con tanti auguri di Buon Anno covid free
Giorgio
Mi è piaciuto moltissimo l’articolo, faccio parte anche io della schiera dei “fichi secchi” e l’ex collega Gianni Di Quattro ha saputo descrivere magistralmente cosa ci portiamo dentro.
Non ho avuto il piacere di conoscere l’autore dell’articolo ma quando ho lavorato al Marketing DVDI a Milano (mi occupavo di PC) mi avevano assegnato il numero telefonico appartenuto precedentemente a Di Quattro, ricevevo molte chiamate di persone che lo cercavano……
Buon anno a tutti gli gli ex colleghi (in particolare ad Ignazio Barberis che era la mia interfaccia ad Ivrea)
Buon Anno a tutti con la speranza di poter continuare anche nel 2022 a scambiarci questi amarcord.
Premetto che non mi piacciono i fichi secchi, ma ringrazio Gianni Di Quattro che trova sempre il modo di farci sentire collegati e non rinsecchiti.
Contraccambio un carissimo saluto e auguri a Franco Nicolini, che ringrazio e ricordo con piacere
Come sempre ho apprezzato l’intervento di Gianni e sarò anche un fico secco ma leggendo “Giorno dopo giorno” di Ungaretti vecchio, sono stato colpito dal grido “Nessuno, mamma, ha mai sofferto tanto! che il poeta lancia pensando al figlio morto a nove anni.
La dolorosa vicenda mi ha posto l’incerto interrogativo su quale sia il senso della vita.
Forse, mi son detto, un senso assoluto non c’è, come non c’è alcuna continuità emotiva nello svolgersi della vita di nessuno: prima l’allegra curiosità del bimbo, poi lo spensierato entusiasmo della giovinezza, il fecondo impegno della maturità e, infine, i rimpianti o le delusioni senili.
Raramente, una raggiunta atarassia consente a qualcuno di vivere una vecchiaia serena.
E allora?
Allora, niente. Chi può goda di quello che la vita offre: la gioia dell’amore, le emozioni dell’arte, le bellezze della natura, i rapporti positivi con gli altri uomini. E poi? Poi, requiescat in pace.
Fermo il rispetto per le infinite fatiche degli uomini miti, tutto il resto esprime soltanto le velleità e le fantasie di uomini intrepidi, impegnati ad arricchire l’esserci sulla terra: i traguardi sono rari e incerti, le delusioni tante.
Questo mio non è nichilismo ma consapevole realismo e, per fortuna, la regolare abitudine di smanettare al computer contribuisce a distrarmi.
Un anno sereno a tutti, Mario
“Io penso a me stesso, alla Olivetti dove ho lavorato per vari decenni, dove ho conosciuto e fatto cose importanti, utili ma anche belle, dove ho conosciuto amici ed emozioni, dove ho imparato le cose che mi hanno aiutato a vivere, dove ho conosciuto il mondo. Dove, infine, ho imparato che non si può vivere senza valori, senza sapere, senza sentimenti, senza bellezza.
E se serve sono pronto a raccontarlo ai giovani che hanno voglia di ascoltare un fico secco”
Caro Gianni, tu sei un fico secco con ancora tanto sugo prezioso!!! Tanti auguri di buon anno
Apprezzo sempre le considerazioni di Gianni di Quattro. Rispecchiano la realtà.
Tutte le volte che leggo i commenti del dottor Di Quattro resto colpita dal contenuto e dal modo con il quale lo stesso viene sviluppato.
Questo mi rende orgogliosa per avere conosciuto il dottor Di Quattro avendo lavorato in Olivetti per molti anni.
Solo ora però, che sono un fico secco anch’io, mi accorgo che nella mia vita lavorativa ho sfiorato persone che avrei voluto conoscere più a fondo ma che, anche per questioni di ruolo, non mi è stato possibile.
Grazie.