di Gianni Di Quattro
L’inverno è chiamato la brutta stagione, quella con meno luce, con tanto freddo, con la voglia di caldo che si cerca ovunque nei termosifoni, nei camini, dall’altra parte del mondo, quella che è uguale alle altre ma che sembra più lunga delle altre, quella che verso la fine soprattutto sembra non finire mai. È solo allietata dalla festa forse più sentita, più importante da un punto di vista familiare, quando ci si riunisce per stare insieme, per il piacere di stare insieme, per assaporare momenti passati, per ricordare, per far passare il tempo quasi senza fare qualcosa solo per farlo passare come a sprecarlo, spesso giocando, ma essendo mai soli, con le persone care, quelle della famiglia vecchia, nuova, acquisita, futura. E poi il mondo del consumo si è pure inventato le vacanze invernali, quelle in cui si va a sciare e che ormai vede impegnate milioni di persone su tutte le montagne sempre più attrezzate per questo scopo.
Ma l’inverno è anche una stagione in cui si fanno i conti, si pensa al tempo che passa, si cerca di programmare l’anno che sta per cominciare oppure è appena cominciato, spesso si cambia lavoro, si decidono cose sul futuro e che poi trovano attuazione nella successiva primavera. È in inverno che si gioca di più con la nostra vita, è in inverno che vengono prese le decisioni più importanti, quando siamo più concentrati, quando la natura ci distrae di meno, quando guardiamo di più dentro ai nostri sentimenti.
E questi sentimenti sono più forti e non somigliano a quelli estivi certamente più superficiali quando spesso si confondono con le emozioni, quando sono in effetti una unica emozione. D’inverno le emozioni si scontrano, ognuna si lega ad un sentimento, durano di più e sono forse più intense. È d’inverno che si parla di più, ci si confida di più, si capisce se si ama di più davvero una persona, si percepiscono meglio gli amici. Per tutto questo l’inverno sarà una brutta stagione dal punto di vista climatico, ma è la stagione più umana, quella in cui ciascuno plasma la propria vita, la rafforza, la cambia, la spinge, la riempie di sentimenti ed emozioni, quella delle sfide per tutto, in cui si sente di più l’umanità e la voglia di far parte del mondo.
Da noi un tempo in Olivetti, la Olivetti che diventava ogni giorno più cara ad ognuno di noi malgrado personaggi che pure popolavano l’ambiente cercando di essere adeguati senza però averne le caratteristiche umane e senza averne davvero capito il mix tra umanità, professionalità, bellezza, modo di lavorare, l’inverno era una stagione importante. Si chiudeva un anno, magari si cambiava lavoro e qualche volta anche luogo di lavoro, si facevano i conti, si prendevano o si perdevano gli incentivi, ci si preparava a festeggiare mentre si lavorava per il nuovo anno, era insomma un momento per rafforzare amicizie, allargarle, pensare al nostro futuro. Era un grande momento di consapevolezza in cui molti di noi si dicevano che avevano scelto l’azienda giusta, la più bella del momento, per percorrere la propria vita, per costruirsi un futuro, per pensare ad un futuro non solo di scambio ma un futuro colto, umano, bello.
E poi si percepivano le strategie dell’azienda, si conoscevano nuovi manager, ci si guardava attorno e con orgoglio si vedeva che eravamo tutti giovani, si conoscevano persone e cose interessanti, si capiva che non solo stavamo imparando un mestiere, ma stavamo crescendo con stile.
Certo in inverno anche da noi in Olivetti sono successe cose brutte, la più terribile la morte di Adriano Olivetti, l’evento che ha significato non solo il dolore per la perdita di un uomo importante ed affascinante, di quelli che fanno fare i salti all’umanità, ma anche l’inizio di un nuovo ciclo della nostra azienda. Per un po’ abbiamo vissuto sullo slancio ma poi piano piano abbiamo cominciato ad avvertire che il motore che ci faceva correre si era fermato.
Condivido articolo e riflessioni.
In ogni caso, dopo l’inverno arriva sempre la primavera.
Gianni Di Quattro sei proprio bravo a scrivere. Condivido anche il commento del Barberis. Complimenti
Indubbiamente questi articoli sono davvero interessanti, scritti bene, danno un quadro esatto della grande competenza manageriale della Olivetti di un tempo, ma hanno un limite, non affrontano i gravi problemi della Olivetti dell’ultimo perioodo .
Il Management di primo livello è restato inamovibile e non in grado di capire che il mondo stava cambiando, scelte sbagliate che alla fine ha visto la Società appiattirsi su tecnologie e risorse dei nuovi padroni del’informatica ( MIcrosoft , Intel, ecc.) e non in grado di riconvertire le sue linee di produzioni spingendosi sempre più all’obsolescenza.
Inoltre le scelte di tentare la riconversione nell’entrare con gran successo iniziale nella telefonia mobile e fissa ( Omnitel ed Infostrada) furono azzerate dai pirati “Capitani coraggiosi” che realizzarono grosse plusvalenze personali nella vendita di questi nuovi assets di prestigio e nella scellerata finta acquisizione di Telecom.
Il Management fiero dei successi del passato legato ad Adriano Olivetti doveva essere tutto soppiantato a partire dai primi anni ’80 per manifesta incapacità di gestire il nuovo e tumultuoso sviluppo del settore, invece non è avvenuto ed a pagare sono stati poi solo le decine di migliaia di lavoratori, commerciali e tecnici degli stabilimenti e delle filiali dove in quest’ultime sono state messe a dirigere persone di infima qualità che attraverso operanzioni di clonaggio fatturato ingannavano ripetutamente l’Azienda, con la complicità degli organi amministrativi di controllo vendendo gli stessi prodotti due volte con il trucchetto dello storno e rifinaziamento in leasing o tramite il factoring della Olivetti.
Poi, al termine della loro vita aziendale questo Management ha lasciato l’Azienda con prebende da favola , mente i lavoratori venivano nel contempo falcidiati da cassa integrazione o dimissioni di massa vista la chiusura massiccia degli stabilimenti e filiali, subendo anche le truffe ( con azzeramento dei TFR) delle socità di comodo a cui sono stati ceduti fittiziamente rami d’azienda, società di comodo gestite da pirati finanziari .
Raccontiamola tutta!
Interessante e meritevole di una approfondita e seria analisi il commento di Luciano Martocchia.
In giro per il mondo mi hanno sempre chiesto : “ perché la grande Olivetti ha fatto questa fine “.
Chissà se sarà possibile dare un giorno una risposta ……..
Ringrazio sempre Gianni per le riflessioni sempre positive con le quali ci tiene compagnia.
Ma voglio seguire anche le considerazioni di Luciano Martocchia e Ignazio Barberis per dire che all’inizio degli anni Sessanta lavoravo all’Ufficio studi di Ivrea e la morte di Adriano Olivetti sollevò non poche perplessità per come era avvenuta e per le drammatiche conseguenze per l’Azienda. Fu una morte che per molti ebbe una ripetizione due anni dopo con la morte di Enrico Mattei. Eventi troppo “casuali” per non fare riflettere sul fatto che in qualche grande paese le morti “casuali” sono frequenti. E’ ovvio che la morte di managers così determinanti sfascia le aziende: a qualcuno può fare comodo… ….
Thanks to di Quattro for his heartfelt, haunting and always poetic prose.