di Gianni Di Quattro
Gli anni 70 in Olivetti si sono aperti con la gestione Beltrami. Siamo nell’autunno del 71 e la prima mossa del nuovo amministratore delegato è assumere dalla Honeywell Marisa Bellisario, affidandole tre funzioni fondamentali per il controllo dell’azienda e cioè il Product Planning, il Business Planning e il Market Planning. Paolo Volponi lascia perché aspirava ad essere amministratore delegato e al suo posto arriva Giancarlo Lunati. Nicola Tufarelli, che era a capo della Produzione e della Ricerca, va in Fiat a fare il capo del gruppo Auto (senza grandi successi tuttavia) e al suo posto arriva Gribaudo.
Le mosse di Beltrami: l’avviamento delle attività per la revisione totale del listino e la trasformazione dalla meccanica alla elettronica, revisione della struttura commerciale internazionale e ricambio in quella italiana. La struttura internazionale sino ad allora faceva capo a Guido Treves che aveva potere assoluto su tutte le consociate e sulla organizzazione dei concessionari che curavano le vendite Olivetti dove l’azienda non era presente con una propria consociata. Da lui dipendevano il controllo amministrativo di Giampiero Garelli e la distribuzione di Carlo Sbuelz, che si occupava anche di definire i Fob per tutti; forse c’era conflitto di interessi ma nessuno se ne era mai preoccupato. Vengono create tre aree, più gli Stati Uniti e l’Italia; Guido Treves ne prende una, quella dell’America Latina. La responsabilità di definire i prezzi Fob passa al Business Planning gestito da Giorgio Panattoni, alle dipendenze della Bellisario, il controllo amministrativo di Giampiero Garelli rimane indipendente ed opera interfacciando tutti i capi area e alle dipendenze dell’amministratore delegato, soprattutto in coordinamento con il direttore amministrativo.
In Italia Umberto Pelà, uomo di grande intelligenza e valore ma di estrema cautela, viene sostituito da Vittorio Levi, non ancora quarantenne, che rivoluziona la struttura cambiando persone, soprattutto con una gestione più aggressiva, più spericolata, più vicina al mercato. Accanto alla Bellisario, oltre a Giorgio Panattoni con il suo Business Planning ci sono Luigi Pistelli con il Product Planning, che ha svolto un ruolo fondamentale nella pianificazione di tutti i nuovi prodotti e Giorgio Sidro con il Market Planning, personaggio di grande intelligenza, con il compito di raccogliere informazioni di mercato, interpretarli, confrontarli e ragionarci sopra.
Sono stati anni difficili per i cambiamenti che si susseguivano, per il lancio continuo di nuovi prodotti che impegnavano tutta l’azienda al centro e in periferia, per una gestione, quella di Beltrami, che ha fatto di tutto, a parte la trasformazione dell’azienda da meccanica in elettronica, per introdurre una gestione moderna, si potrebbe dire più americana. Del resto Beltrami aveva gestito aziende americane, aveva conosciuto i loro sistemi di gestione, sapeva come muoversi. L’ambiente in tutto questo periodo era nello stesso tempo spaventato per la capacità decisionale e la volontà di fare di Beltrami e poco, molto poco, collaborativo. Specialmente le aree della produzione e della ricerca di Ivrea.
Inoltre, Beltrami non ha avuto in questo senso supporto significativo dal Presidente, che continuava a vedere i suoi uomini e da loro in modo trasversale e informale farsi raccontare la situazione. L’ambiente di lavoro era dunque difficile per i cambiamenti in atto e per la scarsa collaborazione e spesso opposizione di tanti alti dirigenti. Dopo cinque anni comunque l’azienda era cambiata, aveva prodotti nuovi, produzioni prevalentemente elettroniche, strutture più moderne e competitive. Il cammino era stato difficile e sul piano finanziario l’azienda era stremata.
Beltrami progettò insieme a Enrico Cuccia e Mediobanca la possibilità di un importante finanziamento che comunque non avrebbe fatto perdere alla azienda autonomia. Ma Visentini, il presidente che continuava ad avere il vero potere di controllo del consiglio di amministrazione, rifiutò il progetto e cedette l’azienda a Carlo De Benedetti che ne divenne azionista e amministratore delegato. In cambio Visentini rimase Presidente, con meno poteri certamente ma sempre con un ruolo di prestigio. De Benedetti era libero, era stato appena cacciato dalla Fiat (una storia non ancora del tutto chiara), era liquido perché aveva ceduto alla stessa Fiat una sua azienda incassando e aveva inoltre incassato dallo Stato per l’affare Singer di Leinì.
Siamo nel 78, De Benedetti prende in mano l’azienda e da questo momento è lui che la conduce praticamente nel bene e nel male sino alla sua morte. Dunque qua comincia un’altra storia, ma già la Olivetti è ormai lontana anni luce dalla Olivetti di Adriano. (segue)
Come sempre ottima analisi . Complimenti Gianni
Grazie Gianni per la chiara cronistoria. Io entrai in Olivetti poco dopo l’arrivo di CdB, all’avvio delle operazioni nelle telecomunicazioni con OLTECO e l’accordo con Northern Telecom sui PABX, provenendo dalla GTE.
Attendo con curiosità il resoconto di quel decennio..!!
Caro Gianni, grazie per i tuoi articoli che considero una attenta e reale ricostruzione della storia Olivetti, e li leggo (e conservo) con tanto piacere. Mi associo a Daniel nell’attesa di una tua ricostruzione del decennio 1980-1990. Io entrai in Olivetti nel 1983 al Marketing di Ivrea per passare dopo due mesi in Olteco e poi dal 1984 nella Consociata Italia, in cui la tua presenza e soprattutto operatività, per noi giovani laureati, era un punto di riferimento pur se con tanti filtri gerarchici e funzionali che ci separavano. Mi farebbe molto piacere leggere il tuo prossimo articolo proprio su questo periodo. Grazie 1000
vedrò di pensare anche agli anni 80 cioè all’epoca De Benedetti che arriva sino alla fine officiata da Colaninno e dai suoi amici bresciani
Io sono entrato in azienda negli ultimi anni ’70. Penso di poter dire che una importante trasformazione dell’azienda in quel periodo fu di passare da un’organizzazione per funzioni ad una per prodotti. Nacquero così i gruppi e le varie divisioni.
La stima e simpatia che ho per Gianni Di Quattro non mi esimono dal fare alcune precisazioni sulla sua analisi degli anni 70.
Io sono entrato nel 1974 alla Direzione Finanziaria e nel 1976 l’Ing. Beltrami mi ha nominato Dirigente, con la responsabilità del Servizio Finanza Estero, ruolo che ricoprivo all’entrata dell’ing. Carlo De Benedetti nel 1978.
L’operazione di entrata di CDB in azienda venne progettata da Cuccia col Prof. Visentini e col beneplacito dell’avv. Agnelli, col quale i rapporti dei primi due erano strettissimi.
Il bilancio del 1977, sulla base del quale CDB entrò in azienda, era chiaramente falso e l’azienda era tecnicamente fallita.
Il sistema bancario italiano si rifiutava di continuare a finanziare l’azienda
che ormai da tempo stava in piedi coi finanziamenti che l’avv. Brioschi ed il sottoscritto ottenevano per la Olivetti International SA. dalle banche straniere.
Al di là di quello che poi successe, non c’è alcun dubbio che l’entrata di CDB in azienda ed il successivo aumento di capitale, appoggiato da Mediobanca, abbiano salvato la Olivetti.
L’uscita di CDB dalla Fiat si rese necessario perché CDB era convinto di entrare per comandare, mentre a voler comandare erano in tanti: l’Avvocato, Umberto Agnelli e soprattutto Romiti, che era il vero uomo di Cuccia in Fiat.
Credo sia vera l’affermazione di CDB quando riferisce che, alla sua uscita. l’avvocato gli disse “Caro ingegnere, non possiamo stare due galli in un pollaio”.
Mario Gabbrielli
intanto un carissimo saluto Mario. ovviamente la tua ricostruzione è quella giusta, prima comunque c’era stato il tentativo di Beltrami con lo stesso Cuccia che fu rifiutato da Visentini che prese in mano la situazione. certo la valutazione bassa era dovuta alla situazione che tu descrivi e di cui De Benedetti sfruttò ovviamente rischiando come solo lui sapeva fare
Si nota spessa una presbiopia della memoria, puntuta per gli anni 50-60, opaca e sbrigativa per gli 80. Io arrivai in Olivetti lo stesso giorno di Cdb e ricordo perfettamente che l’Azienda era bollita e che il management remava forsennatamente per un salvataggio nella STET. La nuova gestione ebbe certamente il merito di intervenire risolutamente nei primi 3-4 anni su mali apparentemente incancreniti: mezzi finanziari, struttura dei costi, organizzazione e nuovi prodotti, investendo per il futuro nella R&S Reti e Sistemi (Nuova Linea Sistemi). E, last but not least, chiarezza totale su chi comandava (anche a costo di perdite gravi, come la Bellisario).
ciao caro Federico un affettuoso saluto nel ricordo dei tempi di Cagliari e di quella filiale e di quello spirito di amicizia che c’era tra noi e che è rimasto per sempre
ricordi bene caro Renato, i prodotti nuovi erano figli del lavoro precedente comunque benissimo, l’impegno e il valore di De Benedetti nei primi anni si sono visti e sono stati fondamentali, l’azienda si era ripresa. poi è subentrata presunzione, distrazione, sicurezza basata su speranze, superficialità…..ma la storia a questo punto diventa complessa e coinvolge interi settori di management
Attendo una ricostruzione degli anni 80 per provare a dimostrare che dovrebbe essere usata dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
In quegli anni si poteva avviare la creazione di una piattaforma sociale, prima italiana e poi europea, organizzata in modo analogo alla Divisione del CERN che gestiva, fin dagli anni 60, lo sviluppo della piattaforma digitale in grado di soddisfare i bisogni di una comunità di fisici territorialmente distribuita.
Fu impossibile capire che il potenziale dell’OSA si doveva tradurre in una evoluzione progressiva dell’OLISERVICE.
Ora però si deve far capire ai giovani come si sarebbe potuto tradurre quel potenziale in iniziative, volte a prevenire il rischio di un nostro e loro futuro come schiavi del capitalismo della sorveglianza.
Chi scrive libri, recensioni e articoli sul tema delle piattaforme digitali “chiuse” non è in grado di indicare vie d’uscita dai problemi sociali ed economici che hanno generato.
In attesa della ricostruzione degli anni 80 ho commentato https://www.nelfuturo.com/Il-capitalismo-non-puo-piu-essere-come-prima
come segue:
Caro Di Quattro, ho commentato il tuo https://www.olivettiani.org/gli-anni-70-succede-tutto.html e ho visto che abbiamo in comune l’anno di uscita dall’Olivetti.
Era il 1989, l’anno della caduta del muro che per un trentennio divise Berlino fisicamente e ideologicamente.
Anche ora, un trentennio dopo la fine dei miei brevi ma intensi 7 anni tra Ivrea, Cupertino e Bruxelles, ci sarebbe un muro da far cadere.
Mi riferisco al muro tra culture, eretto progressivamente, durante gli anni 80 e i primi anni 90, tra un’evoluzione dell’ICT guidata da interessi di mercato [Marketing] e quella che, dagli anni 60, era stata avviata da interessi di “acquisizione di conoscenza” [Knowledging ??].
L’evoluzione guidata dal Marketing ha “generato” il capitalismo della sorveglianza [https://it.wikipedia.org/wiki/Il_capitalismo_della_sorveglianza].
Il Web invece è stato “generato” dal “Knowledging”.
Sarebbe utile a questo punto rivedere e discutere l’articolo https://www.nelfuturo.com/facebook-e-web-divergenze-parallele – con il tuo commento a quell’articolo.
Permetterebbe di rivedere il significato [incomprensibile per il Marketing degli anni 90] di un articolo che scrissi per Computer Standards & Interfaces nel 1993 [https://doi.org/10.1016/0920-5489(93)90004-B], un anno prima della istituzione, in Italia, di una Autorità per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione [AIPA].
Il problema è “come” rivederlo e discuterlo. La comunicazione “online” produce solo “nebbia”, vedi …. https://www.nelfuturo.com/fumo-di-futuro … infatti Blog rima con Fog :))
Un saluto dalle Dolomiti Bellunesi, che da 30 anni alimentano la mia “speranza”